Da Siliqua lungo la 293 verso Giba si volta a d. all'altezza di Acquacadda per giungere alla frazione di Terrubia dove si prosegue fino a Rosas.
Il contesto ambientale
Impianti ed edifici sono nel sito campestre di Rosas.
Descrizione
La miniera piombo-zincifera fu sfruttata dal 1851 alle soglie degli anni ottanta del Novecento tra alterne e spesso drammatiche vicende che videro interruzioni della concessione, passaggi di proprietà, momenti culminanti e crisi altrettanto problematiche. È stata interessata da un vincolo della Soprintendenza ai Beni Architettonici di Cagliari, quando purtroppo il degrado e lo spoglio degli impianti era già avanzato.
In un piazzale sorge il fabbricato della direzione su due piani con aperture che presentano cornici ornate con motivi Art Déco. Un corpo più basso antistante ospitava l'ufficio postale, mentre le abitazioni sono disposte su un piccolo rilevo soprastante.
La laveria, già realizzata in legno e sostituita intorno al 1940 da un'altra costruzione, conserva solo parzialmente gli impianti produttivi in ferro, a causa del prelievo abusivo del prezioso metallo.
La miniera fa parte del Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna, riconosciuto dall'UNESCO.
Storia degli studi
La miniera è citata in opere sull'archeologia industriale in Sardegna.
Bibliografia
S. Mezzolani-A. Simoncini, Sardegna [i]da salvare. Paesaggi e architettura delle miniere[/i], Nuoro, Archivio Fotografico Sardo, 1993, pp. 242-251;
F. Segni Pulvirenti-A. Ingegno, "La miniera di Rosas: tutela e vicende storiche", in [i]L'uomo e le miniere in Sardegna[/i], a cura di T.K. Kirova, Cagliari, 1993, pp. 103-106.