A Sanluri si lascia la SS 131 e si svolta all'incrocio con la SP 52 per Villanovaforru. Giunti in prossimità di Villanovaforru si imbocca a s. la SP 49, direzione Collinas. Il sito archeologico si trova a poche centinaia di metri.
Il contesto ambientale
Il complesso è situato sulla sommità della collina marnoso-calcarea di Genna Maria, nella Marmilla, regione della Sardegna centro-meridionale. Gode di un campo visivo che spazia dal golfo di Cagliari a quello di Oristano, e, a N, verso la Marmilla e i monti del Gennargentu.
Descrizione
La struttura si compone di un bastione trilobato che racchiude la torre originaria, di un antemurale esagonale e di un villaggio posto all'interno ed all'esterno dell'antemurale.
La torre originaria, costruita forse nel Bronzo medio (XV sec. a.C.), oggi svettata, ospita una semplice camera priva di vani sussidiari e di diametro interno assai ridotto rispetto a quello esterno.
In una seconda fase, agli inizi del Bronzo recente (XIII sec. a.C.), la torre fu racchiusa e parzialmente rifasciata da un bastione di quattro torri dotate di feritoie, raccordate attraverso cortine retto-curviline. Il piccolo cortile interno, a cielo aperto, costituiva un utile disimpegno e dava accesso alla camera del mastio e ai vani delle torri secondarie; ospitava un pozzo parzialmente scavato nella roccia viva, con volta sovrapposta a filari.
Una terza fase edilizia, del Bronzo finale (XI sec. a.C.), vide il rifascio del bastione, con l'eccezione del lato E e NE, il sacrificio di una delle torri e l'accecamento delle feritoie.
Forse contemporaneamente, la fortezza fu circondata da un possente antemurale esagonale articolato in torri (di cui quattro ancora visibili) raccordate da cortine murarie rettilinee e ingresso a SE.
Nella prima età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.), un abitato succeduto ad un precedente insediamento del Bronzo medio occupò l'area compresa tra il bastione e l'antemurale, in parte sovrapponendosi ad esso e utilizzando il materiale proveniente dallo smantellamento di capanne più antiche.
Il nuovo villaggio "geometrico" presenta delle strutture complesse a pianta centrale, con vani ellittici, quadrangolari e rettangolari. Le abitazioni hanno carattere residenziale e sono funzionali ai bisogni del nucleo familiare: riposo, preparazione e consumo dei cibi, deposito di utensili e provviste, attività artigianali a scala domestica. Le murature sono realizzate in tecnica microlitica con piccoli blocchetti e lastrine di marna.
Evolute e di alta qualità, talvolta decorate a stecca con eleganti motivi geometrici, le ceramiche rinvenute nel villaggio: vasi piriformi, fiasche, brocchette, "antipastiere", sassole, portabrace, pintadere. Ma anche ziri, caldaie, coppe di cottura, bacili e macine che testimoniano l'operosità di questa antica comunità agricola. La capanna 12 ha inoltre restituito grani di cereali, ghiande, leguminose e un frammento di pane carbonizzato. Tra i resti di pasto: ossa di bue, pecora-capra, maiale-cinghiale, cervo, prolago e valve di lamellibranchi.
Conclusa la parentesi nuragica e abbandonato l'insediamento nell'VIII sec. a.C., dopo un periodo di frequentazione sporadica della collina, intorno al IV sec. a.C., il mastio ed il cortile del nuraghe vennero riutilizzati a scopo religioso. Infatti, lo scavo dell'area vicina alla parete del cortile antistante l'ingresso al mastio ha messo in luce resti di animali bruciati e di carboni. Il paramento murario si presenta qui fortemente arrossato dalle fiamme.
I materiali votivi giacevano invece a partire dal pavimento della camera e del corridoio del mastio: per la maggior parte lucerne (circa 600), ma anche monete, vasi vitrei e pochi elementi in metallo prezioso e fittili.
Il contesto di ritrovamento rivela dunque come all'interno del cortile a cielo aperto si compisse il sacrificio cruento, mentre al centro del vano vi fosse il sacello destinato a custodire il simulacro e i doni dei fedeli. Il culto, di forte caratterizzazione indigena e collegato alla sfera femminile agraria, sembra attardarsi fino al VII sec. d.C.
La scarsità dei materiali rinvenuti nell'area già occupata dal villaggio protostorico induce a ritenere che, nel tempo in cui fu attivo il santuario, risiedesse stabilmente sulla collina un numero esiguo di persone, probabilmente gli stessi addetti al culto.
I materiali provenienti dagli scavi di Genna Maria sono esposti presso l'omonimo museo archeologico di Villanovaforru.
Area archeologica di Genna Maria [1]
Storia degli scavi
Gli scavi nell'area, attualmente non completati, furono condotti a più riprese, a partire dal 1969, con la direzione di Enrico Atzeni e la collaborazione di Ubaldo Badas e Mauro Perra, nonché della manodopera locale.
Bibliografia
E. Contu, "L'architettura nuragica", in [i]Ichnussa. La Sardegna dalle origini all'età classica[/i], Milano, Scheiwiller, 1981;
U. Badas, "Genna Maria - Villanovaforru (Cagliari). I vani 10/18. Nuovi apporti allo studio delle abitazioni a corte centrale", in [i]Atti del III Convegno di Studi "Un Millennio di relazioni tra la Sardegna e i paesi del Mediterraneo" [/i](Selargius-Cagliari, 27-30 novembre 1986), Cagliari, 1987;
C. Lilliu, "Un culto di età punico-romana al nuraghe Genna Maria di Villanovaforru", in [i]Quaderni della Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e Oristano[/i], 5, 1988, pp. 109-128;
"Villanovaforru", in [i]L'Antiquarium Arborense e i civici musei archeologici della Sardegna[/i], a cura di G. Lilliu, Cinisello Balsamo, A. Pizzi, 1988, pp. 181-198;
U. Badas, "Nuraghe Genna Maria (Villanovaforru - Cagliari)", in [i]Guide Archeologiche. Preistoria e protostoria in Italia,[/i] Forlì, UISP, 1995, pp. 162-169.