Il paese di Bonorva è facilmente raggiungibile dalla "Carlo Felice" percorrendo per circa 3 km lo svincolo che si imbocca all'altezza della cantoniera Cadreas. La parrocchiale è al centro dell'abitato e costituiva, probabilmente, il fulcro attorno a cui si raccoglieva il nucleo più antico di cui non resta molto.
Il contesto ambientale
Bonorva è situato sul costone N dell'altopiano di Campeda, localmente detto "Su Monte", al centro della più occidentale delle subregioni logudoresi, il Meilogu, denominazione medievale derivata da "medium locus" con allusione alla centralità di quest'area nel giudicato di Torres.
Descrizione
La parrocchiale di Bonorva fu ricostruita per volontà del rettore Jacopo Passamar, futuro vescovo di Ampurias e poi arcivescovo turritano, nell'arco di quasi un trentennio a partire dal 1582, data sul capitello d. del pilastro dell'ultima campata verso l'abside, mentre sotto il simulacro della Vergine nel fastigio della facciata è incisa la data del 1606 che potrebbe segnare il termine dei lavori.
Presenta un impianto di ascendenza gotico-catalana, ad aula unica divisa in cinque campate da archi trasversali a sesto acuto su alti pilastri, coperto da crociere nervate con gemme pendule.
La capilla mayor, anch'essa voltata a crociera costolonata, ha nella gemma l'effige della Madonna col Bambino. Dalla seconda campata si aprono profonde cappelle laterali voltate a botte che, pur edificate in tempi diversi, conferiscono nella giustapposizione degli stili e degli ornati - dal fiorone di stampo gotico alle baccellature di estrazione classicistica - quella dimensione plateresca che rappresenta quasi la cifra delle chiese del Meilogu.
La facciata a spioventi è limitata da paraste angolari concluse da acroteri a vaso con fiaccola. La cornice terminale a decoro fitomorfo è sovrastata da un tratto di parete e da una seconda cornice a smusso, con accentuazione dell'effetto di doppio coronamento.
La nitida partitura, realizzata da un artefice che fonde stilemi romanici, tardogotici e classicistici è caratterizzata dal portale che può ricordare quello del San Pietro in Ciel d'oro a Pavia, con pilastri a fascio di colonnine le cui modanature proseguono oltre gli stretti capitelli cilindrici nell'archivolto a tutto sesto, affiancati da pinnacoli che, superato il timpano con fiorone, raggiungono la cornice orizzontale ad archetti intrecciati.
In asse il rosone ripropone nelle modanature a spirale con sferule e punte di diamante un ornato tipicamente plateresco.
Storia degli studi
La chiesa è oggetto di una sintetica scheda nel volume di Francesca Segni Pulvirenti e Aldo Sari sull'architettura tardogotica e d'influsso rinascimentale (1994).
Bibliografia
C. Maltese, "Persistenza di motivi arcaici tra il XVI e il XVIII secolo in Sardegna", in [i]Studi Sardi[/i], XVII, 1959-61;
F. Segni Pulvirenti-A. Sari, [i]Architettura tardogotica e d'influsso rinascimentale[/i], collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 1994, sch. 43 [1].