Dalla stazione ferroviaria si percorre un breve tratto di via Roma, si svolta a d. per piazza del Carmine, ancora a d. fino all'incrocio con via Sassari, quindi a s. e si percorre la strada fino al corso Vittorio Emanuele. Si svolta a s. e si va in quella direzione fino all'incrocio con via Tigellio. La villa è sulla d. a circa 100 m. Il contesto ambientale L'area archeologica è ubicata ai piedi del colle di Buon Cammino, non distante dall'anfiteatro romano. Descrizione Il nome "villa di Tigellio" è ormai entrato, impropriamente, nell'uso abituale per indicare un'area archeologica cittadina. In realtà l'area comprende non un unico edificio ma un intero quartiere residenziale di età romana. La denominazione trae origine dall'errata convinzione che in questo sito fosse ubicata la "villa" di Tigellio Ermogene, musico sardo che risiedette a Roma negli anni finali della repubblica e che fu amico e conoscente di potenti personaggi, come Cesare e Ottaviano, Cicerone e Orazio. I resti del complesso edilizio oggi visibili risalgono almeno alla fine del I sec. a.C.-inizi I sec. d.C., ma la vita dell'area abitativa perdurò a lungo, giungendo fino al III-IV sec. d.C. (se non addirittura, secondo alcuni, fino al VI-VII sec. d.C.). Le strutture sono pertinenti ad un edificio termale e a tre edifici abitativi, tipologicamente definibili "ad atrio tetrastilo", cioè contraddistinti dalla presenza di un atrio con quattro colonne collocate ai quattro angoli di una vasca centrale chiamata "impluvium" per la raccolta dell'acqua piovana. Dei tre edifici sottoposti ad indagine di scavo, due sono emersi con maggior evidenza: la "casa del tablino dipinto", che ha restituito resti di pavimentazione mosaicata, e la "casa degli stucchi" che deve il suo nome alla presenza di una notevole quantità di frammenti di decorazione in stucco. Le strutture murarie visibili sono del tipo "a telaio", cioè caratterizzate dall'uso di grossi pilastri verticali, disposti ad una certa distanza gli uni dagli altri, mentre i tratti murari intermedi sono riempiti con pietre di pezzame medio-piccolo. Si tratta di una tecnica già ampiamente utilizzata in ambito punico, ma il cui impiego prosegue anche in età romana e altomedievale. Storia degli scavi La pubblicazione nel 1865 da parte di Pietro Martini di una "Vita di Tigellio" di cui sarebbe stato autore un certo Sertorio (opera risultata poi essere un falso) indusse il canonico Giovanni Spano a intraprendere una campagna di scavo nell'area che da allora prese il nome di "villa di Tigellio". Se escludiamo alcuni successivi interventi di breve respiro, la seconda importante campagna di scavo fu condotta nel sito da Gennaro Pesce nel 1963-64. Le più recenti indagini furono condotte nel 1982 e nel 1983 dall'Istituto di Antichità, Archeologia e Arte dell'Università di Cagliari in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari e Oristano. Bibliografia "Cagliari. "Villa di Tigellio". I materiali dei vecchi scavi", in [i]Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Cagliari[/i], n.s., III, XL, 1980-81; [i]La "Villa di Tigellio". Mostra degli scavi [/i](Cagliari, Cittadella dei musei, 24 ottobre-14 novembre 1981), Cagliari, Istituto di Antichità, Archeologia ed Arte dell'Universita di Cagliari, 1981; "Cagliari. "Villa di Tigellio". Campagna di scavo 1980", in [i]Studi Sardi[/i], XXVI, 1981-85; P. Meloni, [i]La Sardegna romana[/i], Sassari, Chiarella, 1990; S. Angiolillo, [i]L'arte della Sardegna romana[/i], Milano, Jaca Book, 1998; A.M. Colavitti-C. Tronchetti, [i]Guida archeologica di Cagliari[/i], collana "Sardegna archeologica. Guide e Itinerari", Sassari, Carlo Delfino, 2003 [1]; A.M. Colavitti, [i]Cagliari[/i], Roma, L'Erma di Bretschneider, 2003; A. Mastino, Storia della Sardegna antica, Nuoro, Il Maestrale, 2005 [2].