Cagliari è la città più importante della Sardegna, al centro dell'ampio golfo degli Angeli nella parte meridionale dell'isola.
Il contesto ambientale
L'edificio occupa l'intero isolato con il fronte principale sulla via Roma e gli altri lati sulle vie G.M. Angioy e Crispi e sul largo Carlo Felice.
Descrizione
Lunghe vicende accompagnarono la scelta dell'area e la costruzione dell'edificio fino al concorso nazionale bandito nel 1896 e assegnato al progetto "Palmas" a firma dell'ingegnere torinese Crescentino Caselli, moderno nella struttura e nella forma, al contrario di molti progetti che riprendevano stili storici del passato, ormai superati. In realtà il progetto "Palmas", firmato soltanto da Caselli, era dovuto anche all'architetto Annibale Rigotti che dovette ricorrere a vie legali per il riconoscimento dei propri meriti. Al primo si attribuisce la parte più spiccatamente strutturale dalle fondazioni alle coperture, mentre spettano al secondo gli elementi più innovativi nei prospetti e nell'apparato decorativo.
Dopo la prima pietra posta solennemente alla presenza del re Umberto e della regina Margherita il 14 aprile 1899, l'insediamento ufficiale del Consiglio Comunale avvenne nel 1915.
Il bombardamento aereo del 26 febbraio 1943 danneggiò gravemente il palazzo nel lato della via Crispi, provocando il crollo della copertura del cortile interno in ferro e vetro e dello scalone marmoreo. Si perse anche una parte consistente della ricca decorazione e degli arredi interni realizzati dai maggiori artisti sardi del primo Novecento, quali Filippo Figari, Felice Melis Marini e Francesco Ciusa.
La ricostruzione avvenne tra il 1946 e il 1953 ad esclusione della copertura del cortile d'onore.
L'edificio, realizzato in calcare, si segnala per le due torri ottagonali sovrastanti la facciata principale che si sviluppa su tre livelli con ampi finestroni ad arco ribassato, divisi da pilastrini. Un porticato voltato parzialmente a crociera ha una ricca e artistica cancellata in ferro battuto che immette nel cortile. Qui un grande scalone d'onore conduce ai piani superiori, dove sono ubicati la sala consiliare, le sale di rappresentanza e gli uffici.
All'interno, collocati nelle varie sale, sono visibili dipinti di Filippo Figari (1916-24), di Giovanni Marghinotti (XIX sec.), un retablo cinquecentesco della Scuola di Stampace, un arazzo fiammingo, risalente al Seicento, e ancora busti marmorei e bronzei.
Il Museo è situato nel centro storico di Cagliari, quartiere della Marina, in un edificio attiguo alla Parrocchia di Sant'Eulalia.
Nel museo è conservato il patrimonio storico-artistico delle tre chiese di Sant'Eulalia, Santa Lucia e Santo Sepolcro di Cagliari, nonché il materiale archivistico della Parrocchia e delle già estinte Arciconfraternite del Crocifisso e della Santissima Trinità e Prezioso Sangue di Cristo (sec. XVII - prima metà XX).
L'edificio è articolato su due piani e comprende la sottostante area archeologica. Il piano terra ospita l'archivio sopracitato, del quale il nucleo più cospicuo è costituito dalla sezione parrocchiale. Nel piano superiore si trovano: argenti, a partire dal '500 e di produzione ligure e sarda, pertinenti al corredo liturgico parrocchiale e delle arciconfraternite (magnifico un calice barocco del 1673); significative statue lignee, prevalentemente sei-settecentesche (periodo di massimo sviluppo del quartiere cagliaritano di Marina); paramenti, tra cui una bellissima pianeta floreale romana della prima metà del '700 ed un paramento tardo-settecentesco, forse genovese, composto da dieci pezzi, con stemma marchionale dei Zapata e dell'arciconfraternita del Santo Sepolcro; opere pittoriche, tra cui una Madonna con bambino, toscana, della metà del XIV secolo.
Sono inoltre presenti reperti di cultura materiale (vasellame da cucina e da mensa, lucerne, databili alla fine del V - inizi del VI sec. d.C.) provenienti dall'area archeologica scavata nel livello inferiore del fabbricato ed inserita nel percorso museale.
La scoperta dell'area archeologica risale al 1990, quando i lavori di adattamento della sagrestia misero in luce l'imboccatura di un pozzo colmo di detriti.
Gli scavi, che hanno interessato nel corso degli anni l'intero spazio sottostante al museo e alla chiesa, per un'estensione di circa 200 mq, hanno restituito un'immagine inedita della Cagliari antica ed alto-medioevale, segnata da manufatti di eccezionale significato storico e monumentale. Tra questi una strada lastricata del I-II sec. d.C., larga più di 4 metri e percorribile per un tratto di 13 metri, verosimilmente collegata con le attività del vicino porto. È inoltre presente un vasto ambiente di cui è visibile parte di un lato colonnato connesso con un pavimento in tasselli irregolari di calcare e marmo. Le colonne, calcaree e rivestite di stucco, poggiano su basi marmoree attiche e presentano caratteristiche tipologiche riferibili alla tarda età romana repubblicana.
Nel museo non esistono barriere architettoniche, nell'area archeologica sì.
Indirizzo: vico del Collegio, 2 - 09124 Cagliari tel. 070 663724 Ente titolare: Parrocchia di Sant'Eulalia.
Dalla via Roma, che costeggia il porto, si imbocca via Barcellona sotto i portici e la si percorre tutta in direzione N/E sino a via Sant'Eulalia, dove si trovano la chiesa e l'area archeologica.
Il contesto ambientale
La chiesa di Sant'Eulalia domina il versante O dello storico quartiere della Marina. L'area corrisponde ad antiche strutture portuali di età romana, fortificate nei primi secoli del Medioevo per proteggerle dalle incursioni dal mare. A partire dall'VIII secolo vide fortemente ridimensionata la sua importanza, per via delle scorrerie arabe, che determinarono il trasferimento della popolazione a O. Il quartiere fu rifondato dagli Aragonesi, che nel XIV secolo vi impiantarono la parrocchiale di Sant'Eulalia.
Descrizione
La chiesa di Sant'Eulalia è andata incontro a tali rimaneggiamenti, da risultare poco significativa dal punto di vista architettonico e monumentale, a eccezione del suo sottosuolo. Le indagini archeologiche ancora in corso hanno evidenziato una stratigrafia importante, che documenta la storia del quartiere e della città di Cagliari dall'età romana al Medioevo.
L'edificio risale al XIV secolo ed esisteva già nel 1371 come parrocchiale del quartiere di Marina. Fu ristrutturato nel XVI secolo e più avanti, fino all'intervento novecentesco a seguito dei danni riportati nel bombardamento di Cagliari del 1943.
Ha pianta mononavata lunga circa 30 m, con otto cappelle, quattro per lato, che si affacciano sull'aula con un arco ogivale. L'aula ha tre campate coperte con volta stellare e gemme pendule. Il coro si sviluppa su una pianta quadrata, sovrastato da una cupola emisferica.
La facciata, rincassata tra due contrafforti, ha un portale architravato sormontato da una lunetta modanata con centina impostata su peducci. In asse con il portale un grande oculo illumina l'interno dell'aula. Una teoria di archetti trilobati corona il prospetto. Il campanile, alto quasi 40 m, è addossato al fianco d. della facciata.
Dalla piazzetta attigua alla chiesa è ben visibile, oltre la facciata, il fianco S/O, con quattro specchi divisi da lesene, entro i quali tre monofore a sesto acuto nascono dalla cornice che divide gli stessi specchi, chiudendosi rispettivamente con tetto a due falde. Un portale architravato, sormontato da lunetta ogivale decorata con una scultura della Madonna con il Bambino, consente l'ingresso da una delle cappelle laterali.
Vedi la pianta e le sezioni del monumento [26]
Storia degli studi
Il canonico Giovanni Spano (1861) e poi Dionigi Scano (1934) ritenevano che la parrocchiale di Sant'Eulalia fosse stata edificata sui resti di una chiesa più antica, di cui però, nei recenti scavi ancora in corso, non è stata trovata traccia. Francesco Loddo Canepa (1952) pubblicò i documenti d'archivio da cui si evince la sua esistenza dal 1371. Una restituzione delle linee gotiche originarie è stata proposta da Maria Freddi (1966). Francesca Segni Pulvirenti e Aldo Sari (1994) inseriscono l'edificio tra il 1371 e il XV secolo.
Bibliografia
G. Spano, [i]Guida alla città e dintorni di Cagliari[/i], Cagliari, Timon, 1861, p. 204;
D. Scano, [i]Forma Karalis. Stradario storico della città e dei sobborghi di Cagliari dal XIII al XIX secolo[/i], Cagliari, 1934, p. 120;
F. Loddo Canepa, "Note sulle condizioni economiche e giuridiche degli abitanti di Cagliari dal secolo XI al XIX", in [i]Studi Sardi[/i], X-XI, 1952, p. 330;
M. Freddi, "La chiesa di Sant'Eulalia a Cagliari", in [i]Atti del XIII congresso di Storia dell'Architettura. Sardegna[/i], I, Roma, 1966, pp. 245-251;
R. Serra, "L'architettura sardo-catalana", in [i]I Catalani in Sardegna[/i], a cura di J. Carbonell-F. Manconi, Cinisello Balsamo, Silvana, 1984, p. 134;
M. Pintus, "Architetture", in [i]Cagliari. Quartieri storici. Marina[/i], Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1989, p. 100;
F. Segni Pulvirenti-A. Sari, [i]Architettura tardogotica e d'influsso rinascimentale,[/i] collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 1994, sch. 7 [27];
[i]Cagliari. Le radici di Marina. Dallo scavo archeologico di S. Eulalia un progetto di ricerca, formazione e valorizzazione[/i], Cagliari, 2002.
La cattedrale si trova in Piazza Palazzo nel cuore dell'antico quartiere di Castello.
Il contesto ambientale
Cagliari è la città più importante della Sardegna. Nel suo territorio si concentra un terzo della popolazione sarda. Fondata fra l'VIII e il VII secolo a.C. dai Fenici, ha conosciuto importanti fasi di occupazione in età punica, romana, bizantina e giudicale, assurgendo nel XIV secolo a capitale del Regno di Sardegna. Passata dagli Aragonesi agli Spagnoli, quindi ai Piemontesi, conserva rilevanti tracce monumentali del suo passato. Fra queste sono le antiche torri e mura, che cingono Castello e comprendono la cattedrale che ha come titolare Santa Maria e patrona Santa Cecilia.
Descrizione
Nel 1217 il nobile pisano Lamberto Visconti ottenne in donazione dalla giudicessa di Cagliari Benedetta il colle nel quale venne costruita una cittadella fortificata, il "Castellum Castris de Callari".
Della chiesa del Castello, dedicata a Santa Maria, si ha documentazione dal 1255. Grazie alle descrizioni seicentesche è possibile restituire l'edificio medioevale, con aula divisa da colonne in tre navate, abside semicircolare e copertura lignea.
Nel 1258 i Pisani assunsero il controllo del giudicato di Cagliari, dopo averne conquistato la capitale Santa Igia; la chiesa ebbe come patrona Santa Cecilia ed assunse il rango di cattedrale. Tra la fine del XIII e i primi del XIV secolo si procedette ai lavori di ampliamento, con la costruzione di un ampio transetto e di un'abside rettangolare.
Dell'impianto pisano si conservano: il campanile a canna quadrata, la controfacciata, i muri perimetrali del transetto e la seconda cappella a s. dell'abside, a pianta quadrata con volta a crociera. Nella facciata, il portale mediano conserva l'arco di scarico (benché restaurato) e, all'interno della lunetta, l'architrave a girali d'acanto (metà del XIII secolo). Nella testata N del transetto, il portale è lunettato con sculture marmoree di spoglio, mentre il portale della testata S è cuspidato, con un sarcofago tardoromano di reimpiego e una Madonna con Bambino, scultura pisana del primo Trecento.
Nel 1326 gli Aragonesi, sconfitti i Pisani, si impossessarono definitivamente del Castello e portarono a termine l'ampliamento del transetto; del loro intervento rimane oggi la seconda cappella a d. dell'abside, a pianta semiottagonale e volta ombrelliforme.
Nel corso dei secoli XV e XVI, furono costruite altre cappelle lungo il transetto e tra i contrafforti delle navate laterali delle quali si conservano, nelle fiancate esterne, alcuni rosoncini. Nella stessa epoca furono aggiunti gli ambienti delle sagrestie ai lati del presbiterio.
Tra il 1615 ed il 1617 il presbiterio fu sopraelevato per ricavare la cosiddetta "Cripta dei martiri", dove furono sistemate le reliquie dei presunti martiri sardi, trovate in quegli anni nell'area della basilica di San Saturnino. Il sacrario, al quale si accede tramite due scale ai lati del presbiterio, è diviso in tre ambienti: il più grande, centrale, voltato a botte ribassata; i due laterali, più piccoli, coperti in parte a crociera in parte a volta a botte spezzata.
Nel 1669 si decise di procedere ai lavori di restauro ed ampliamento, secondo modi aggiornati al barocco. Il cantiere fu diretto da Domenico Spotorno e, per breve tempo, dall'architetto Solaro. I lavori comportarono l'ampliamento della navata centrale, la sostituzione dei setti divisori con robusti pilastri a sostegno della nuova e più alta copertura a botte della navata centrale e del transetto; all'incrocio un'alta cupola su tamburo. Tra il 1702 ed il 1704 venne costruita la facciata su disegno di Pietro Fossati; nel 1771-72 fu restaurata ed in parte modificata dal marmoraro ligure G.B. Aschero secondo disegni e calcoli dell'architetto Viana, che diresse anche i lavori.
Nel 1902, sotto la direzione dell'ingegner Scano, la facciata barocca fu smantellata nella vana speranza di trovarvi al di sotto quella medioevale; solo nel 1925 ne venne ricostruita una nuova in "stile romanico lucchese" su disegno dell'architetto Giarrizzo.
Piazza Palazzo è facilmente raggiungibile dalla via Roma, salendo per il viale Regina Margherita e il Bastione di Saint Remy.
Il contesto ambientale
L'edificio occupa un'ampia area tra il Terrapieno e la piazza Palazzo, nel quartiere storico di Castello. Attualmente è sede della Prefettura e del Consiglio Provinciale di Cagliari.
Descrizione
Il Palazzo fu impiantato all'epoca della presenza pisana e venne adibito a sede viceregia nel 1337 per volontà di Pietro d'Aragona, sovrano del "Regnum Sardiniae et Corsicae".
Nel corso dei secoli subì varie modifiche strutturali volte a migliorare i caratteri di funzionalità richiesti dai sempre nuovi e diversi uffici e istituti disposti dai governatori del Regno. Nei suoi locali, oltre agli appartamenti privati dei componenti la corte viceregia, ebbero sede la Reale Udienza e la direzione della difesa militare dell'isola. Soltanto a partire dal 1720, con il passaggio dalla monarchia asburgica a quella sabauda, ci furono cambiamenti sostanziali, che comportarono sia la ristrutturazione degli interni sia il rifacimento della facciata.
Nel 1730, su progetto dell'ingegnere capo De Guibert, furono ricostruiti integralmente il portale, l'atrio e lo scalone d'onore e si avviarono i lavori di abbellimento del salone della Reale Udienza. All'ingegnere Della Vallea (attivo a Cagliari dal 1735 fino alla morte nel 1744) si deve la ristrutturazione del piano nobile con la sistemazione di una serie di saloni sul fronte O; mentre la facciata, che un'iscrizione al centro del prospetto in asse col portone principale dice conclusa nel 1769 per volontà del viceré Ludovico De Hallot, si dovrebbe a un disegno di Saverio Belgrano di Famolasco, che progettò anche il prospetto a E, sopra il Terrapieno.
Dal 1799 al 1815, in seguito all'occupazione francese del Piemonte, il palazzo divenne la dimora della corte sabauda. In seguito passò all'Amministrazione Provinciale che lo acquistò nel 1885 dal demanio dello Stato.
Il prospetto principale, caratterizzato dall'estensione sul piano longitudinale, è costituito da tre ordini di finestre incorniciate da paraste monumentali in pietra, che si sviluppano a tutta altezza e poggiano su una zoccolatura realizzata in pietra forte che segue l'inclinazione del terreno. Le finestre del piano nobile, sormontate da cornici aggettanti, si aprono su balconi di forma ricurva, sostenuti da mensole e con ringhiere in ferro battuto. Un alto parapetto con cornicione conclude la parte superiore dell'edificio. Il ritmo dato dall'alternarsi delle finestre e delle paraste è interrotto dal portale centrale, con arco a tutto sesto e inquadrato da due colonne doriche che sorreggono il balcone sovrastante, sul quale si apre una porta-finestra centinata recante l'iscrizione CAROLUS EMANUEL III PROREGE D. LUDOVICO DE HALLOT COMES DE HAILES REFECIT ORNAVIT MDCCLXIX. L'atrio introduce alla scalinata che porta al piano nobile; quindi si passa, attraverso la sala con i ritratti dei viceré, nell'aula del consiglio provinciale, realizzata nella sua attuale configurazione alla fine dell'Ottocento e decorata tra il 1893 e il 1896 da Domenico Bruschi. Al secondo piano si accede attraverso due scale di servizio. Il prospetto E, che strapiomba sulla passeggiata del Terrapieno, è articolato in arcate semiobliterate e concluse da finestroni.
L'ex Museo Archeologico prospetta sullo slargo d'accesso N al Castello da piazza Arsenale.
Il contesto ambientale
L'edificio si trova nel quartiere storico di Castello, tra il palazzo Amat e quello delle Seziate.
Descrizione
L'edificio ha prospetto neoclassico con coronamento orizzontale poggiante su una cornice a dentelli decorato con festoni.
Già sede del Museo Archeologico Nazionale (oggi nei locali della non distante Cittadella dei Musei), sorge nell'area ove erano le carceri femminili. Fino ai primi anni del Novecento l'edificio ospitava la zecca e l'armeria; tra il 1904 e il 1906 fu adattato per l'attuale funzione dall'ingener Dionigi Scano che curò il trasferimento delle collezioni dal palazzo Vivanet (in via Roma).
Il primo nucleo del museo ebbe origine da un gabinetto privato di antichità e storia naturale, creato nel 1802 da Carlo Felice nel palazzo reale. Di qui le raccolte passarono nel 1806 all'università e si arricchirono delle donazioni di G. B. Garau (per il medagliere) e di G. Meloni. Si succedettero vari direttori che arricchirono il museo di collezioni private e materiale provenienti dagli scavi archeologici in varie parti dell'isola.
Storia degli studi
Una rassegna degli studi si trova nella bibliografia relativa alla scheda nel volume della "Storia dell'arte in Sardegna" sull'architettura otto-novecentesca (2001).
Bibliografia
F. Masala, Architettura dall'Unità d'Italia alla fine del '900, collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 25. [31]
Porta Cristina consente l'accesso da Ovest al quartiere storico di Castello.
Il contesto ambientale
La porta immette in piazza Arsenale, aperta su quattro lati: a S verso il quartiere storico di Castello; a N verso l'ex Arsenale, oggi Cittadella dei Musei; a O verso il viale Buoncammino; a E verso la simmetrica porta de "S'Avanzada", che consente la discesa verso il quartiere storico di Villanova.
Descrizione
Il progetto della porta, affidato al conte Carlo Pilo Boyl, fu approvato da Carlo Felice nel 1824, e nel 1825 l'impresario Efisio Fanari lo condusse a termine, sul luogo dove s'innalzava la seicentesca Porta del Soccorso, per collegare il quartiere di Castello con l'area O dell'antico arsenale regio.
La porta prende il nome dalla consorte di re Carlo Felice di Savoia, Maria Cristina di Borbone. È caratterizzata da un arco a sagoma spezzata in tre andamenti, con bugne a cuneo, delimitato da lesene scanalate conclusa da capitelli dorici che sostengono una rilevata cornice. Su questa poggia un lunettone che si apre affiancato da lisce paraste sormontate da capitelli dorici, che reggono l'architrave in forte aggetto. L'insieme richiama un classicismo di ispirazione rinascimentale. Il suo ideatore si richiamò infatti alle forme della Porta Angelica di Roma.
Nella lunetta scolpita da Domenico Franco sulla facciata rivolta verso viale Buoncammino si legge l'iscrizione in latino con la dedica: "Carolus Felix Rex viam planiorem brevioremque a Castro Caralis ad portam arcis regiam aperuit Maria Cristina Regina - Porte egressus in apertam viam nomen suum imposuit MDCCCXXV. Januario Rotario regni Praeside".
Storia degli studi
Una rassegna degli studi si trova nella bibliografia relativa alla scheda nel volume della "Storia dell'arte in Sardegna" sull'architettura sei-ottocentesca (1992).
Bibliografia
S. Naitza, [i]Architettura dal tardo '600 al classicismo purista[/i], collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 1992, sch. 67. [33]
Da piazza Yenne si percorrono le vie Santa Margherita, Tommaso Porcell e Fiume, che converge nel viale Buoncammino.
Il contesto ambientale
L'edificio si colloca sulla dorsale calcarea che si congiunge al colle dove sorge il quartiere storico di Castello.
Descrizione
La caserma fu costruita nel 1846 su disegno del genovese Domenico Barabino, maggiore del Genio militare, nella spianata chiamata di San Lorenzo. Qui sino al 1740 si innalzava una cittadella nella quale si apriva la cosiddetta Porta Reale, progettata dall'architetto militare torinese Felice De Vincenti.
Il Barabino curò gli aspetti logistico-militari senza trascurare il decoro urbano nella caratterizzazione monumentale della lunga facciata su viale Buoncammino.
Gli edifici della caserma furono costruiti ad opera degli "zappatori del Regno" e ospitarono provvisoriamente la biblioteca militare di Presidio di Cagliari. Oggi sono sede della Polizia di Stato.
Storia degli studi
La caserma è segnalata nelle principali opere su Cagliari.
Bibliografia
S. Naitza, [i]Architettura dal tardo '600 al classicismo purista[/i], collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 1992, p. 246.
Da piazza Yenne si percorrono le vie Santa Margherita, Tommaso Porcell e Fiume. La "Cittadella" è in piazza Arsenale, oltre Porta Cristina.
Il contesto ambientale
Il complesso culturale polifunzionale ''Cittadella dei musei'' sorge all'estremità N/O del quartiere di Castello, in un'area adibita già nel XIV secolo a fortificazione militare, riconvertita agli inizi dell'Ottocento in Regio Arsenale. Nel 1870 divenne Distretto militare, e, infine, fu semidistrutta durante i bombardamenti aerei subiti dalla città nel 1943.
Descrizione
A metà del Novecento, per iniziativa dell'Università degli Studi, si decise di ampliare la sede del Museo archeologico e della Pinacoteca, all'interno di un centro di studi polivalente ''delle arti e della storia sarda''.
Il progetto degli architetti Pietro Gazzola e Libero Cecchini ebbe vicende lunghe e complesse fin dal 1956, con una nuova proposta (1964) che variava alcune parti fino ad un'ennesima rielaborazione con l'utilizzo delle strutture murarie di rilevanza storico-archeologica inglobate nel complesso museale. La conclusione dei lunghi lavori risale al 1979 con un uso reale degli spazi ancora successivo e diluito nel tempo.
L'idea di base tende a fondere l'eccezionalità delle parti antiche con le esigenze di un moderno centro polifunzionale, grazie ad una particolare attenzione al rapporto tra i nuovi interventi costruttivi con quelli preesistenti,e all'impiego di conci squadrati di pietra locale (calcare di Bonaria) e murature in calcestruzzo a vista.
Superato l'ingresso con la porta neoclassica dell'antico Arsenale (1825), chiusa dalle ante bronzee degli scultori M. Salazzari e R. Cassini (1979), si vede un primo gruppo di edifici: a sinistra i locali di servizio, sulla destra le ex prigioni di San Pancrazio e la galleria per le mostre temporanee (con la ''sala pentagonale'' che ospita il Museo delle Cere Anatomiche ''Clemente Susini'') e più su il Dipartimento di Scienze archeologiche e storico-artistiche dell'Università degli Studi (che include il settecentesco ambiente della cappella dell'arsenale, con portale in calcare scolpito e sovrastante gruppo scultoreo della Santa Barbara). Al centro è l'edificio che dal 1993 ospita il Museo archeologico nazionale. Salendo attraverso le scalinate o le piste accessibili ai disabili si giunge a un ''giardino'' in pendio con l'ingresso del Museo comunale d'Arte Siamese, al fianco del quale si trovano in sequenza il Museo etnografico regionale (ancora in allestimento) e la Pinacoteca nazionale, strutturata su tre livelli.
Una ''passeggiata panoramica'', oggi non più percorribile, inizia dal belvedere a oriente della sala delle mostre temporanee, continua ''coperta'' sotto i locali del Dipartimento universitario fino all'ingresso del Museo comunale e prosegue a N/E, giungendo alla torretta che ha sostituito l'antico mulino a vento seicentesco.
L'iniziativa per un nuovo Museo Archeologico Nazionale nell'attuale Cittadella dei Musei cagliaritana fu presa intorno alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso. L'idea iniziale si sviluppò verso l'obiettivo di realizzare una struttura culturale polivalente, che potesse raccordare da una parte il Museo Archeologico e la Pinacoteca Nazionale, dall'altra il Dipartimento di Scienze Archeologiche e Storico-artistiche e la Scuola di Specializzazione di Studi Sardi dell'Università di Cagliari, il Museo Etnografico Regionale e il Museo Comunale d'Arte siamese (Cardu). Il progetto museale nella sede dell'ex Arsenale militare, ad opera degli architetti P. Gazzola e L. Cecchini, entrò nella sua fase operativa e si concretizzò gradualmente, a partire dal 1979.
Al piano terra dell'edificio, si propone come momento preliminare di esposizione didattica la successione storico-culturale delle fasi che hanno interessato la Sardegna tra il Neolitico antico e l'alto Medioevo, attraverso un percorso di tipo cronologico. Ai piani superiori si è adottato invece un diverso criterio, che presenta i materiali in base al territorio in cui sono stati rinvenuti.
Il percorso cronologico muove dall'età prenuragica, con le culture del Neolitico e dell'Eneolitico e del Primo Bronzo. In sequenza, la cultura nuragica caratterizza, nel suo raffinato megalitismo, le vicende umane nell'isola fino al momento (XI-IX sec.a.C.) del primo incontro con le culture urbane del Mediterraneo egeo-orientale. Ai reperti relativi alla fase della colonizzazione fenicia lungo le coste (Cagliari, Nora, Sant'Antioco, Tharros) si accompagnano quelli relativi alla conquista cartaginese prima, romana poi.
Una delle maggiori attrattive del Museo risiede nei gruppi scultorei della bronzistica di età nuragica, tra i quali spiccano quelli di Teti-Abini e di Santa Vittoria di Serri. I "bronzetti" mostrano un ricco ventaglio di temi figurativi che investono l'organizzazione sociale pubblica e della vita quotidiana ma anche l'ideologia del sacro, i rituali magici, le figure ieratiche dei re-pastori, padroni dell'ideologia sociale, di donne di rango elevato, di uomini d'armi, di uomini e donne della fatica quotidiana. Essi creano e compongono una rappresentazione collettiva del popolo nuragico, di rara e potente suggestione.
Indirizzo: Cittadella dei Musei, piazza Arsenale, 1 - 09124 Cagliari
tel. +39 070 684000
Ente titolare: Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Gestione: Soprintendenza ai Beni archeologici per le province di Cagliari e Oristano; cooperativa Novamusa
Orari: 9.00 - 20.00; lunedì chiuso
Biglietto: € 4,00 (dai 25 ai 65 anni ); € 2,00 (dai 18 ai 25 anni); € 5,00 (biglietto cumulativo Museo Archeologico Nazionale + Pinacoteca). Esenzione biglietto fino ai 18 anni e oltre i 65 anni
Esiste un servizio di visita guidata. È preferibile la prenotazione per gruppi e scolaresche. È previsto un percorso didattico per non vedenti. Non esistono barriere architettoniche.
La Pinacoteca Nazionale di Cagliari ospita una collezione di antichi dipinti, formatasi a partire dall'Ottocento.
Si inserisce nel complesso della Cittadella dei Musei, struttura culturale polivalente, che raccorda da una parte il Museo Archeologico e la Pinacoteca, dall'altra il Dipartimento di Scienze Archeologiche e Storico-artistiche e la Scuola di Specializzazione di Studi Sardi dell'Università di Cagliari, il Museo Etnografico Regionale e il Museo Comunale d'Arte siamese (Cardu). Il progetto museale nella sede dell'ex Arsenale militare, ad opera degli architetti Piero Gazzola e Libero Cecchini, si concretizzò gradualmente, a partire dal 1979.
Le raccolte della Pinacoteca annoverano al pianterreno un importante nucleo di antichi dipinti della Sardegna, compresi fra il XV e il XVI secolo e provenienti in gran parte dalla distrutta chiesa cagliaritana di San Francesco di Stampace. Sono presenti opere del Maestro di Castelsardo e di Pietro Cavaro, i maggiori pittori operosi in Sardegna nella fase tardogotica e primorinascimentale. Nei piani inferiori si possono osservare dipinti del XVII e XVIII secolo, di pittori prevalentemente extraisolani.
La Pinacoteca cagliaritana è importante soprattutto per la possibilità di approfondire la conoscenza dei pittori catalani e sardi, operosi nell'isola al tempo della dominazione aragonese.
Indirizzo: Cittadella dei Musei, piazza Arsenale, 1 - 09124 Cagliari tel. +39 070 662496 Ente titolare: Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
È stato allestito nella Cittadella dei Musei di Cagliari.
Il tema principale è rappresentato dagli aspetti anatomici del corpo umano fedelmente riprodotti.
La collezione consta di 23 cere anatomiche policrome attribuite dagli esperti alla piena maturità artistica di Clemente Susini (1754-1814) e giudicate tra le più belle esistenti al mondo. Alla straordinaria perfezione del dettaglio anatomico, si associa in queste cere una ricerca figurativa solitamente assente nelle precedenti opere dell'artista fiorentino, ed evidentissima nel composto realismo con cui lo stesso ha fissato nei volti l'immagine della morte.
Le cere furono commissionate al Susini, tra il 1801 ed il 1805, dal viceré Carlo Felice, per il tramite del professore di anatomia Francesco Antonio Boi.
Le cere furono modellate nel famoso laboratorio di ceroplastica del Museo di Antichità e Storia Naturale di Firenze, dove il Boi attese alle dissezioni delle quali gli esemplari cagliaritani sono fedelissime riproduzioni.
Il museo è sede di attività editoriale e, nell'ultimo decennio, alcune delle cere della collezione sono state esposte in prestigiose sedi museali di grandi metropoli, quali la Villette di Parigi, la Hayward Gallery di Londra, il National Science Museum di Tokyo, la Triennale di Milano.
Sono presenti barriere architettoniche.
Indirizzo: Cittadella dei Musei, piazza Arsenale, 1 - 09124 Cagliari
tel. +39 070 6757624
Ente titolare: Università degli Studi di Cagliari (CIMAS)
Gestione: Università degli Studi di Cagliari (CIMAS)
Orari: 9.00 - 13.00 e 16.00 - 19:00, lunedì chiuso
Biglietto: € 1,55 (intero); € 0,52 (persone con meno di 4 e più di 65 anni). Esenzione per gli studenti iscritti all'Università degli Studi di Cagliari
È situato nel centro storico della città, all'interno della Cittadella dei Musei, che ospita numerose altre strutture museali. Sono esposti pezzi artistici di origini e culture asiatiche diverse. Accanto a oggetti d'arte di tema religioso, sono esposti oggetti d'uso domestico preziosamente lavorati, monete rare e armi assai poco note. La collezione si caratterizza per la grande varietà dei pezzi e dei materiali: argenti, avori, bronzi, porcellane, sculture lignee, materiale cartaceo, monete. La parte preponderante degli oggetti è di origine siamese, caratteristica che dà alla Collezione peculiarità e unicità. L'esistenza della collezione si deve alla figura del collezionista cagliaritano Stefano Cardu, che donò alla città una parte della sua prestigiosa raccolta di oggetti d'arte e di armi orientali, recuperati durante la sua lunga permanenza in Asia, in particolar modo nel Siam, l'attuale Thailandia. Tra gli oggetti esposti, spiccano le porcellane cinesi del periodo "Ming" e dei primi imperatori "Qing" (dal XIV al XVII secolo) che esprimono una squisita manifestazione d'arte e di tecnica di altissimo livello. Inoltre la sezione delle armi, seppur non imponente, è tuttavia di interesse non comune: unica in Italia e tra le poche al mondo, presenta un panorama significativo soprattutto della armi siamesi, che formano il gruppo più nutrito e interessante.
Indirizzo: Cittadella dei Musei, piazza Arsenale, 1 - 09124 Cagliari
tel. 070 651888 - 070 490727
Ente titolare: Comune di Cagliari
Gestione: Comune di Cagliari
Orari: 09.00 - 13.00 e 15.30 – 19.30 (invernale); 09.00 – 13.00 e 16.00 – 20.00 (estivo); lunedì chiuso
Biglietto: € 3,00 (intero); € 1,50 (studenti dai 6 ai 26 anni, militari di leva, scolaresche con visita guidata, gruppi organizzati di almeno 15 persone); € 1,00 (possessori di Carta Giovani dai 15 ai 29 anni); € 5,00 (cumulativo MAS e Galleria Comunale d'Arte). Esenzione biglietto bambini fino ai 6 anni e adulti oltre i 65 anni, portatori di handicap e accompagnatori.
Il museo è dotato di un bookshop. Esiste un servizio di visita guidata gratuita, anche per visitatori non vedenti e non udenti. Esiste un catalogo in braille della collezione. Vengono organizzati laboratori ludico didattici per bambini dai 4 ai 13 anni. Non esistono barriere architettoniche.
Situato all'interno della Cittadella dei Musei, nel quartiere di Castello, il museo è costituito da due raccolte di oggetti litici preistorici, già appartenenti alle collezioni didattiche del Laboratorio di Antichità Sarde e Paletnologia della Facoltà di Lettere e Filosofia. La prima e più consistente raccolta risale al periodo prenuragico e nuragico. È costituita da un vasto assortimento di armi e manufatti di pietra scheggiata e levigata, per lo più in ossidiana e selce, provenienti da siti archeologici del Campidano. La seconda raccolta, più esigua per quanto riguarda la quantità di materiali, ma oltremodo interessante, è costituita da strumenti dell'antica età della pietra, in particolare "amigdale" e da tipici ciottoli in selce a scheggiature bifacciali, di provenienza africana e mediterranea.
Indirizzo: Cittadella dei Musei, Dipartimento di Scienze Archeologiche e Storico-artistiche, piazza Arsenale, 1 - 09124 Cagliari
tel. +39 070 6757602 - 070 6757609 - 070 6757670 (biblioteca)
Ente titolare: Università degli Studi di Cagliari (CIMAS)
Gestione: Università degli Studi di Cagliari (CIMAS)
Orari: su prenotazione. Sabato e domenica chiuso
Biglietto: ingresso libero
Le mura di Cagliari circondano per l'intero perimetro il quartiere storico di Castello, il più importante della città, e comprendono due torri integralmente superstiti: quella di San Pancrazio e quella dell'Elefante. Cagliari è la città più importante della Sardegna. Nel suo territorio si concentra un terzo della popolazione sarda. Fondata fra l'VIII e il VII secolo a.C. dai Fenici, ha conosciuto importanti fasi di occupazione in età punica, romana, bizantina e giudicale, diventando nel XIV secolo capitale del Regno di Sardegna. Passata dagli Aragonesi agli Spagnoli, quindi ai Piemontesi, conserva rilevanti tracce monumentali del suo passato. Fra queste sono le antiche torri e mura, che cingono Castello e dominano i quartieri storici di Villanova, di Stampace e della Marina.
La città di Cagliari si era sviluppata fin dall'età fenicio-punica e romana con una serie di insediamenti lungo la linea di costa dalla zona del Fangario a capo Sant'Elia. In età bizantina l'abitato costiero era in forte regresso, a favore dell'accentramento della popolazione nel sito interno di Santa Igia, a ridosso della laguna occidentale, dove sorgevano la cattedrale di Santa Cecilia e la reggia dei giudici di Cagliari. Il colle di Castello, forse sede di un tempio in età precristiana, non era abitato. L'urbanizzazione del colle risale al 1217, quando Benedetta de Lacon-Massa, giudicessa di Cagliari, dona a Lamberto Visconti il Castrum Calaris. Il luogo diventa sede della colonia pisana, con la chiesa di Santa Maria arroccata sul versante orientale. La distruzione della cittadella giudicale e vescovile di Santa Igia, operata dai Pisani nel 1258, segna non solo la fine del regno di Cagliari, ma anche il trasferimento del vescovo in Castello, per cui la chiesa di Santa Maria diviene cattedrale ed eredita il titolo dell'antica, dedicata a Santa Cecilia. Da questo momento le massime autorità religiose e civili risiederanno in Castello, sede (oltre che della cattedrale) anche dell'episcopio, dell'antico Palazzo di Città e del Palazzo regio, oggi sede della Provincia. Pur modificato nei secoli del controllo da parte aragonese e spagnola, come pure in quelli del Regno di Sardegna prima e poi d'Italia, l'attuale quartiere cagliaritano di Castello ha mantenuto uno schema urbanistico a fuso, caratteristico delle città di impianto comunale toscano.
La planimetria si articola a tre vie parallele: la "ruga mercatorum", oggi via La Marmora; la "ruga marinariorum", via Canelles; la "ruga fabrorum", via Martini. Nei primi anni del Trecento, prevedendo l'imminente attacco catalano a seguito della concessione del "Regnum Sardiniae" a Giacomo II re d'Aragona, i Pisani rafforzarono la cinta muraria sotto la direzione dell'architetto Giovanni Capula. Le possenti mura furono costruite in cantoni provenienti dal colle cagliaritano di Bonaria e dotate di torri con pianta a elle o circolare. Sopravvivono integre la torre di San Pancrazio a Nord Est, edificata nel 1305, e la torre dell'Elefante a Sud Ovest, datata verso il 1307. Le mura erano difese anche da altre torri, una delle quali, la torre dell'Aquila, oggi è incorporata nel palazzo Boyl. Le mura sono sempre state subordinate alla funzione difensiva, quindi legate all'evoluzione militare che apportò variazioni alla loro struttura. Fino a quando nell'Ottocento furono sempre meno utili a scopi militari, tuttavia non interferendo con lo sviluppo moderno della città, pianificato ai piedi del Castello. Anche per questo, mura e torri sono state solo parzialmente abbattute, giungendo relativamente integre fino ai giorni nostri.
Lo scenografico edificio, che si affaccia sulla piazza Costituzione, ha il compito di collegare il Castello con la parte bassa della città ed è il risultato dello spianamento e della riutilizzazione degli antichi bastioni dello Sperone e della Zecca, costruiti dagli Spagnoli nella seconda metà del Cinquecento.
Il Bastione Saint Remy, realizzato tra il 1896 e il 1902, è dovuto agli ingegneri comunali Fulgenzio Setti e Giuseppe Costa su un'idea già prospettata a metà Ottocento dall'architetto Gaetano Cima. Lo scalone principale, lungo e movimentato, si snoda dalla piazza Costituzione con diverse rampe che si riuniscono a mezza altezza in un pianerottolo che dà ingresso alla Passeggiata coperta. Questa si sviluppa sul lato lungo il viale Regina Elena con vasti e luminosi ambienti, dipinti con colori vivaci e chiusi da grandi arcate con infissi collocati soltanto nel 1985.
Sotto un grande arcone che domina tutta la costruzione si trova un'ulteriore scala con due rampe circolari che conduce fino alla Terrazza Umberto I dalla quale si gode un magnifico panorama sulla città e verso il mare. Il vasto piazzale presenta altre due rampe che conducono al successivo bastione di Santa Caterina, sul quale si affaccia l'omonima scuola elementare. Fu vivacissimo luogo di riunione e di incontro fino alla seconda guerra mondiale quando fu violentemente bombardato e semidistrutto. Nel dopoguerra fu ripristinato secondo il disegno originale.
Una rassegna degli studi si trova nella bibliografia relativa alla scheda nel volume della "Storia dell'arte in Sardegna" sull'architettura otto-novecentesca (2001).
Piazza Costituzione è raggiungibile da via Roma attraverso viale Regina Margherita.
Da Cagliari, percorrere la SS 554 sin quasi al km 9,000, quindi voltare in direzione Settimo San Pietro/Sinnai. Dopo km 2,7, si arriva alla periferia di Settimo San Pietro; in corrispondenza di un distributore di benzina, si volta a sinistra ad una biforcazione (segnalata dall'indicazione "Settimo S. Pietro/Campo Sportivo") e si procede per un km, sino a costeggiare il campo sportivo. Il sito è ubicato sulla collina che domina il campo, ben segnalato dalla presenza di una croce di metallo.
Il contesto ambientale
L'area archeologica è situata in una zona collinare ai piedi del versante sud-occidentale dei monti dei Sette Fratelli, nel Sarrabus, regione della Sardegna sud-orientale.
Descrizione
Il complesso comprende i resti di un nuraghe polilobato, in relazione con un pozzetto votivo e con un tempio a pozzo.
Il pozzetto votivo è collocato di fronte al pozzo sacro. Esso presenta un'imboccatura circolare affiorante sul piano di calpestio di m 1,50, ha forma cilindrica ed è profondo circa 3 metri. L'esterno è rivestito di lastrine di arenaria e da piccole pietre tufacee legate con malta di fango.
Del tempio a pozzo non si conserva il vestibolo.
La scala, che si diparte da una sorta di "presa d'aria e di luce" di una delle torri del nuraghe, mancante di tre o quattro gradini nella parte alta, presenta pianta e sezione ogivale; la copertura è costituita da sette architravi gradonati. La camera a "tholos" è alta m 5,75. Sul pavimento finemente lastricato si apre il pozzo vero e proprio, bordato da una ghiera circolare monolitica. La canna, cilindrica, foderata da filari di pietre, scende per una profondità di 12 metri fino ad innestarsi in uno stretto sifone scavato nella roccia, che sprofonda ancora per 10 metri.
La datazione del pozzo è compresa tra l'Età del Bronzo Recente e la prima Età del Ferro.
A m 200 dal nuraghe furono in passato messe luce delle tombe a cista litica di periodo nuragico, una delle quali contenente più di dieci individui ed interessanti elementi di corredo: tra questi una lamina d'argento e 179 elementi di collana.
Storia degli scavi
Fu scavato negli anni 1960-61 da Enrico Atzeni.
Bibliografia
E. Contu, "L'architettura nuragica", in [i]Ichnussa: la Sardegna dalle origini all'età classica[/i], Milano, Scheiwiller, 1981, pp. 115, 117;
E. Atzeni-P. Bernardini-G. Tore, "Il tempio a pozzo di Cuccuru Nuraxi: Settimo S. Pietro - Cagliari", in [i]La Sardegna nel Mediterraneo tra il secondo e il primo millennio a.C.[/i], Atti del 2° convegno Un millennio di relazioni fra la Sardegna e i paesi del Mediterraneo, Cagliari, 1987, pp. 279-297;
G. Lilliu, [i]La civiltà dei Sardi dal paleolitico all’età dei nuraghi[/i], Torino, Nuova ERI, 1988, pp. 524, 527, 588.
L'area archeologica di Pranu Mutteddu rappresenta una delle più suggestive e importanti aree funerarie della Sardegna preistorica. Sono presenti i sepolcreti di Pranu Mutteddu e di Nuraxeddu, eccezionalmente attorniati da folti gruppi di menhir (circa cinquanta che costituiscono il più folto raggruppamento nell'isola) e da costruzioni rotonde di probabile carattere sacrale. Sul roccione di Genna Accas è situata l'omonima necropoli ipogeica a domus de janas, con tre circoli tombali.
Il nuraghe monotorre, costituito da massi calcarei, è localizzato in un altopiano che degrada sulle valli di S'Utturu e S'Idda.
Dalla SS 131 si svincola per Senorbì, all'altezza di Monastir, direzione Oristano-Sassari. Si svolta a destra e si percorre la SS 128. Si attraversa Senorbì e si imbocca la SP 23. L'area archeologica di Pranu Muteddu si può vedere sulla sinistra, qualche chilometro prima dell'abitato di Goni.
Telefono: 0782 847269
Sito internet: www.pranumuttedu.com [42]
e-mail: isjanasorroli@libero.it [43]
Dalla SS 131 si svincola per Senorbì, all'altezza di Monastir, direzione Oristano-Sassari. Si svolta a destra e si percorre la SS 128. Si attraversa Senorbì e si imbocca la SP 23. L'area archeologica di Pranu Muteddu si può vedere sulla s., qualche chilometro prima dell'abitato di Goni.
Il contesto ambientale
L'area archeologica è situata nel Pranu Mutteddu, un'estesa piattaforma arenacea e scistosa del Gerrei, regione della Sardegna sud-orientale. Gli scavi si estendono all'interno di una lussureggiante sughereta.
Descrizione
Pranu Mutteddu è una delle più suggestive e importanti aree funerarie della Sardegna preistorica. A N del pianoro, in località Su Crancu, si localizza l'agglomerato capannicolo di riferimento della necropoli.
A S di esso si trovano i sepolcreti di Pranu Mutteddu e di Nuraxeddu, eccezionalmente attorniati da folti gruppi di menhir (in coppie, in allineamento o presenti all'interno delle stesse tombe) e da costruzioni rotonde di probabile carattere sacrale.
Più a S, sul roccione di Genna Accas, è situata l'omonima necropoli ipogeica a domus de janas con tre circoli tombali.
Altre strutture affiorano nella zona circostante, particolarmente interessanti i resti dell'"allée converte" di Baccoi.
I sepolcri, costruiti con l'arenaria locale, sono in genere costituiti da due-tre anelli concentrici di pietre, talvolta presentano un paramento gradonato per il sostegno del tumulo. Al centro è presente la camera funeraria, costruita in tecnica sub-ciclopica, alla quale si accede tramite un corridoio formato da lastroni ortostatici (talvolta menhir) coperti a piattabanda.
Le celle interne si diversificano per forma, circolari o allungate, in base al numero di sepolture che dovevano ospitare: non mancano le ciste monosome dove il defunto veniva introdotto attraverso un portello quadrangolare e deposto rannicchiato.
Le coperture delle celle erano tabulari o a pseudovolta a mensole aggettanti.
La tomba II, particolarmente grandiosa, presenta l'ingresso, l'anticella e la cella funeraria scavati in due distinti blocchi rocciosi trasportati in loco e adagiati su una massicciata accuratamente predisposta; nella fine lavorazione della pietra, ottenuta con la martellina, e nel disegno architettonico e planimetrico richiamano fedelmente le sepolture a domus de janas.
Lo scavo della tomba II ha restituito vasetti miniaturistici, un pomo sferoide, punte di freccia in ossidiana, uno stiletto e un pugnaletto in selce, un piattello fittile, un'accettina in pietra bianca ed elementi di collana in argento.
Gli oggetti evidenziano un contesto Ozieri (Neolitico finale, 3200-2800 a.C.) con attardamenti nel primo Calcolitico (2800-2600 a.C.).
Per quanto riguarda i menhir, Pranu Mutteddu restituisce, con i suoi 50 esemplari, il maggiore raggruppamento della Sardegna. Distribuiti variamente, in coppia, in allineamenti, in piccoli gruppi, talora sulle stesse architetture tombali, sono realizzati con l'arenaria locale. Sono del tipo "protoantropomorfo", a forma ogivale o subogivale e superficie anteriore piana.
Da Cagliari si percorre la SS 131, direzione Sassari. Oltrepassato il paese di Monastir, si lascia la SS 131 e si prende la SS 128, direzione Senorbì. A Senorbì si seguono le indicazioni per Suelli, Mandas e Isili. Al bivio di Isili si lascia la SS 128 e si imbocca la SS 198 fino al bivio per Nurri; si svolta a d. sulla SP 10 e si raggiunge il paese, attraversandolo fino ad arrivare ad Orroli. Si prosegue sulla stessa provinciale in direzione di Escalaplano; al km 9 si svolta a s. in una strada – segnalata da cartello turistico – che conduce, dopo circa km 3,5, all'area archeologica munita di biglietteria.
Il contesto ambientale
L'area archeologica si trova al centro dell'altopiano basaltico di Pranemuru, in posizione di ampio dominio sul corso del Flumendosa, nella regione del Sarcidano, nella Sardegna centro-meridionale.
Descrizione
L'Arrubiu (arrubiu = "rosso", il colore del basalto) è uno dei nuraghi più importanti ed imponenti dell'isola. È l'unico pentalobato fino a oggi conosciuto. È costruito alla base con grossi blocchi di basalto sui quali poggiano filari regolari di massi più piccoli rincalzati con zeppe e abbondante malta di fango.
È costituito da un mastio (A) circondato da un bastione di 5 torri (B-G) e da un antemurale di 7 torri (H-P), forse in origine più ampio, che delimita all'interno 3 cortili.
Il mastio, in origine a due piani e terrazzo (altezza residua m 14; altezza originaria m 25-30) conserva la tholos inferiore e parte della camera del primo piano (diametro m 4), nonché un piccolo vano cupolato con accesso dall'esterno che aveva la funzione di alleggerire la massa muraria.
La camera inferiore (altezza m 11) è accessibile attraverso un ingresso volto a S e un andito piattabandato (lunghezza m 3,40; larghezza m 1,08). Presenta la tholos integra e tre nicchie irregolari disposte a croce. Ha restituito un grande focolare e, interrato al centro, un vaso globulare con delle microfratture forse destinate alla dispersione di liquidi a scopo rituale.
Privo di scala d'andito, il mastio era raggiungibile ai livelli superiori dagli spalti del bastione attraverso una scala elicoidale ricavata nello spessore della cortina D-E, quasi sull'andito d'ingresso del bastione.
L'andito immette nel cortile centrale, poligonale (m 9,90 x m 6,80), con banchina lungo il lato destro, cisterna e annesso sistema di canalizzazione. Sul cortile si affacciano la torre D e il mastio, coassiali, le torri laterali anteriori E e C, una nicchia, il corridoio di collegamento con le torri retrostanti G e F, e una scala per l'accesso agli spalti. Nell'angolo N è ricavato nella muratura della camera inferiore del mastio un piccolo vano cupolato (diametro m 0,80) con funzione di alleggerimento strutturale.
La torre D (altezza m 6,60) conserva intatta la tholos. La torre F si conserva per due terzi dell'altezza originaria e presenta numerose feritoie: era collegata al cortile centrale e alla torre G attraverso due corridoi risparmiati nelle cortine F-E e F-G.
Le torri G ed E sono realizzate alla base con grandi blocchi squadrati posti a coltello.
La torre E, con accesso dal cortile centrale, conserva il vano interno circolare (altezza m 6) con due nicchie e numerose feritoie. Sui blocchi a coltello del basamento poggiano architravi che creano cinque ripiani. Davanti alle feritoie è una zona lastricata delimitata da lastre a coltello.
L'antemurale (altezza residua max. m 3,20) raccorda 7 torri (le torri H e N tangenti alle torri C e F del bastione) e racchiude 3 cortili (K-Y). A questi si accedeva attraverso ingressi architravati e retrostanti anditi, e con scale intramurarie collegate con la sommità delle cortine e delle terrazze delle torri della cinta. Le cortine presentano nicchie, un bancone e numerose feritoie in parte occluse in antico.
Nel cortile Y si trovano un vano - a goccia - che racchiude un alto silos, e una capanna semicircolare con focolare centrale.
Del villaggio che si estendeva attorno all'antemurale sono state scavate 3 capanne: tra queste una probabile - capanna delle riunioni - (diametro m 10) dotata di bancone.
I dati di scavo, pur parziali, portano a datare l'insediamento tra le fasi finali del Bronzo medio e il Bronzo finale. All'inizio dell'età del Ferro la vita si interruppe bruscamente.
Sul crollo del cortile centrale e del cortile K1 sorsero nel II sec. a.C. e perdurarono fino al V sec. d.C. dei vani destinati alla vinificazione e ad altre attività agricole, come testimoniano vasche rettangolari con canale-versatoio, torchi e bacili.
Una piccola tomba di giganti con camera a filari (lungh. m 6; larghezza m 1; altezza m 1) si trova a circa 800 m a N-O del complesso.
L'area archeologica si trova al centro dell'altopiano basaltico di Pranemuru, nella regione del Sarcidano. L'Arrubiu, costruito con blocchi di basalto, è uno dei nuraghi più importanti ed imponenti dell'isola, l'unico pentalobato fino a oggi conosciuto. È costituito da un mastio circondato da un bastione di 5 torri e da un antemurale di 7 torri, che delimita all'interno 3 cortili. Privo di scala d'andito, il mastio era raggiungibile ai livelli superiori dagli spalti del bastione attraverso una scala elicoidale ricavata nello spessore della cortina. Del villaggio che si estendeva attorno all'antemurale sono state scavate 3 capanne: tra queste, probabilmente la capanna delle riunioni, presenta una seduta che corre lungo I muri perimetrali. I dati ricavati durante lo scavo, portano a datare l'insediamento tra il Bronzo medio e il Bronzo finale. All'inizio dell'età del Ferro la vita si interruppe bruscamente. Una piccola tomba di giganti con camera a filari si trova a circa 800 m del complesso.
Da Cagliari si percorre la SS 131, direzione Sassari. Oltrepassato il paese di Monastir, si lascia la SS 131 e si prende la SS 128, direzione Senorbì. A Senorbì si seguono le indicazioni per Suelli, Mandas e Isili. Al bivio di Isili si lascia la SS 128 e si imbocca la SS 198 fino al bivio per Nurri; si svolta a destra sulla SP 10 e si raggiunge il paese, attraversandolo fino ad arrivare ad Orroli. Si prosegue sulla stessa provinciale in direzione di Escalaplano; al km 9 si svolta a sinistra in una strada, segnalata da cartello turistico, che conduce, dopo circa km 3,5, all'area archeologica.
Telefono 0782 847269
Gestione: coop Is Janas, via E. D'Arborea 30, Orroli
e-mail: ijanasorroli@libero.it [49]
Il lago artificiale Mulargia è uno specchio d'acqua che si estende nei territori di Orroli, Goni, Nurri e Siurgus Donigala, occupando la conca tra la Trexenta, il Gerrei e il Sarcidano. È stato realizzato tra il 1951 e il 1958 con lo sbarramento del Riu Mulargia, per convogliare le acque del bacino adiacente del Flumini Mannu e alimentare gli acquedotti di Cagliari e di altri 29 comuni. Ma la sua importanza non risiede unicamente nella sua funzione idrica: è contornato, infatti, da rigogliosi colli verdeggianti che degradano verso le sue coste frastagliate, e al suo interno è ornato da molti isolotti assumendo l'effetto cromatico di un'enorme macchia azzurra immersa nel verde. Dato lo splendido scenario che dipinge, ed anche per la sua vicinanza al famoso parco archeologico di Pranu Mutedu e a zone ricche di campioni paleontologici, il lago negli ultimi anni sta diventando punto d'attrazione: attrezzato di impianti sportivi, ogni anno è animato da competizioni di canottaggio e pesca, con la partecipazione di concorrenti italiani e stranieri. Ma è anche il luogo ideale per vivere un soggiorno all'insegna del relax e della contemplazione: lungo le sue sponde sono costruite strutture ricettive, tra le quali un albergo, e dalle quali si può godere un panorama strabiliante, che dal lago fugge fino alle aree circostanti della Trexenta, del Sarrabus, del Gerrei.
Dalla SS 131 si prende lo svincolo per Sant'Andrea Frius, attraversando i paesi di San Basilio, Goni ed Escalaplano in direzione di Orroli. Si prosegue lungo la SP 10 fino al bivio del Ristorante Su Bandinu. Dopo circa 4 km si arriva al Lago Mulargia.
Sul versante di Siurgus Donigala e Orroli sono presenti numerosi punti di ristoro. Nelle vicinanze del lago è possibile trovare facilmente ospitalità in diverse strutture ricettive.
Il paese di Sadali è ubicato ai margini del "Taccu di Sadali", ampio altopiano calcareo. Il centro abitato, pittoresco borgo di origine medievale originatosi probabilmente anteriormente al 1335, si sviluppa intorno all'antica parrocchiale di San Valentino.
Ad un'altitudine di circa 750 metri sul livello del mare, è circondato da un territorio molto vario e articolato, con boschi ricchi di leccio, rovere, sugherella e sughera. Il toponimo è di origine incerta, ma probabilmente preromana. Nel Medioevo appartenne alla curatoria di Barbagia di Seulo, nel Giudicato di Calari.
Riveste un valore storico la parrocchiale di San Valentino, di origine tardo bizantina ed ospitante un antico altare ligneo risalente al Seicento. Interessante notare che il santuario è l'unico in Sardegna ad essere intitolato al martire romano vissuto nel III secolo. Non distante dalla chiesa si trova una cascata le cui acque finiscono in un baratro sotterraneo detto "Sa bucca manna" (la grande bocca). Sarà quindi molto suggestivo compiere una passeggiata nelle vie del paese ed avvicinarsi alla fresca e ritmata cascata, una rarità all'interno di un centro abitato. Nell'anello territoriale che avvolge Sadali sorgono la chiesa di Sant'Antonio, denominata Sant'Antonio de su fogu, la chiesa di Santa Maria, risalente al XV-XVI secolo, e di Sant'Elena imperatrice. Non distante dall'abitato si trova il nuraghe "Accodulazzo" o Accoudulassu, dove sono stati reperite schegge di ossidiana e cocci preistorici con frammenti di ceramica di età romana. Da visitare la grotta Is Janas, che si estende per circa 350 m quasi interamente visitabili (cinque ambienti su sei) con servizio di guida. Secondo la leggenda le cavità sarebbero state la dimora di tre janas, personaggi mitologici considerati mezze fate e mezze streghe, protagoniste di un'arcaica leggenda. Ma la campagna circostante è arricchita anche dalla presenza di una fresca cascata denominata "Su Stampu de Su Turruno", generosa sorgente che irrora una parete verticale incorniciata da un incantevole scenario naturale. Per conoscere gli strumenti di lavoro che nel passato supportavano nelle attività quotidiane i sadalesi si consiglia una visita all'antico mulino ad acqua risalente al XVII secolo, costruito in legno e ferro. Di particolare interesse gli eventi che animano ogni anno le vie del paese, come la festa della Madonna d'Itria, con solenne e colorata processione che si snoda dal centro del paese alla chiesa campestre, ad una decina di chilometri dall'abitato.