L'ingresso attuale si trova nello slargo alla confluenza di viale Cimitero con viale Bonaria.
Il contesto ambientale
Il cimitero si stende sulle pendici del colle calcareo di Bonaria, area funeraria fin dall'età romana.
Descrizione
Il cimitero monumentale di Bonaria è una grande galleria d'arte all'aperto che raccoglie le sculture di artisti sardi e della penisola (Fadda, Sartorio, Sarrocchi, Galavoni) operanti a Cagliari dalla seconda metà dell'Ottocento ai primi decenni del Novecento. Si annovera una singolare varietà di stili, dal neoclassicismo, al realismo, al simbolismo fino al Liberty.
L'area era stata precedendemente utilizzata come necropoli già nella fase punico-romana e paleocristiana. Prima dell'istituzione del cimitero, a Cagliari si seppelliva nelle chiese o nelle aree immediatamente limitrofe, spesso con rilevanti problemi igienici. Già durante l'epidemia di colera del 1816 era stato necessario reperire d'urgenza alcune aree limitrofe alla città da adibire a luogo di sepoltura cittadino. Il cimitero fu progettato dal capitano del Genio Luigi Damiano ed inaugurato il 1 gennaio 1829. Ad appena trent'anni dall'inaugurazione, il cimitero era già insufficiente perciò si diede il mandato all'architetto Gaetano Cima di progettare un primo ampliamento, cui seguirono altri ancora che portarono l'area a raggiungere la cima del colle.
Storia degli studi
Sul cimitero esiste una monografia pubblicata nel 2000.
Bibliografia
A. Romagnino-L. Siddi-R. Badas-E. Borghi-L. Desogus, [i]Bonaria. Il cimitero monumentale di Cagliari[/i], Cagliari, 2000.
Per la necropoli di età romana si entra da piazza Cimitero nel parco di Bonaria. Per le tombe cristiane si entra nel Cimitero Monumentale all'ingresso di piazza Cimitero. I cubicoli cristiani sono visitabili su richiesta da presentare alla Direzione del Cimitero.
Il contesto ambientale
La necropoli occupa le pendici occidentali del colle di Bonaria.
Descrizione
La vocazione funeraria di Bonaria risale al IV secolo a.C., quando, in piena età punica, il colle fu utilizzato come luogo di sepoltura. Oggi di questa fase più antica non si conserva nulla, mentre permangono le tombe di età romana. Dal I secolo d.C. furono scavati numerosi cubicoli funerari, con arcosoli destinati ad accogliere i sarcofagi e nicchie per le urne cinerarie. Un gran numero di semplici tombe a fossa si estendeva, invece, nella zona ai piedi del colle, verso O, arrivando a congiungersi alla necropoli su cui sorse la basilica di San Saturnino.
Durante i lavori eseguiti nel 1888 per ampliare il cimitero monumentale di Bonaria vennero alla luce, nelle pendici O del colle, due cubicoli funerari decorati con affreschi legati al simbolismo cristiano. Il cubicolo più grande, interamente scavato nella roccia, presenta arcosoli alle pareti ed alcune fosse nel pavimento. Una lastra in marmo, murata nella parete di uno degli arcosoli, riportava l'epitaffio di Munazio Ireneo. La stessa parete era decorata con figure di pavoni, simbolo di immortalità, mentre nel sottarco erano presenti due scene della vita di Gesù, forse il miracolo del paralitico e la risurrezione di Lazzaro. Queste pitture, ormai completamente scomparse, sono state datate agli inizi del IV secolo d.C.
Non lontano dal cubicolo di Munazio Ireneo si trova il cosiddetto cubicolo di Giona, ormai in pessimo stato di conservazione. Questa sepoltura risulta in parte scavata nella roccia ed in parte edificata con mattoni intonacati con calce. Al suo interno erano presenti alcuni sarcofagi e affreschi parietali dove erano raffigurati episodi tratti dalla vita del profeta Giona. In particolare la scena sulla parete di fondo presentava due navi romane, di cui la prima è simbolo della Nave-Chiesa, con gli Apostoli pescatori di uomini, mentre dalla seconda imbarcazione alcuni uomini gettano in mare Giona che, ingoiato dal mostro marino, viene vomitato, dopo tre giorni, sulla spiaggia, prefigurando la risurrezione di Cristo. Sulla parete destra del cubicolo, infine, era dipinto un paesaggio bucolico, dove un gregge pascolava tra la vegetazione, sorvegliato da un pastore con una pecora sulle spalle, evidente allusione al Cristo Buon Pastore. Anche questi affreschi, databili alla prima metà del IV secolo d.C., sono noti solo attraverso acquerelli realizzati nell'Ottocento.
Durante gli scavi del 1987 nella parte di necropoli di età medio-imperiale sono state individuate tre fosse di discarica che tagliavano il piano di calpestio dell'area funeraria romana. In particolare una di queste tre fosse ha restituito, oltre a grandi quantità di frammenti ceramici di varie tipologie, numerosi frammenti di anfore. Sulla superficie della maggior parte delle anfore sono incisi dei graffiti (lettere greche e latine) che consentono di datarle ad un arco di tempo compreso fra VII ed VIII secolo d.C..
Vedi la pianta e le sezioni del monumento [28]
Storia degli scavi
Nel 1587 vennero indagate circa trenta tombe all'interno della chiesa di San Bardilio, che sorgeva nei pressi dell'attuale Direzione del Cimitero di Bonaria. Vari scavi interessarono l'area soprattutto nel corso dell'Ottocento, durante i lavori per la costruzione del nuovo cimitero. Gli ultimi scavi risalgono al 1987, a cura dalla Soprintendenza Archeologica per le province di Cagliari e Oristano.
Bibliografia
F. Vivanet, "Catacombe cristiane di Cagliari, scoperte nella collina di Bonaria, presso l'attuale cimitero", in [i]Notizie degli Scavi[/i], 1892, pp. 183-189;
L. Pani Ermini, "Note su alcuni cubicoli dell'antico cimitero cristiano di Bonaria in Cagliari", in [i]Studi Sardi[/i], XX, 1968, pp. 152-166;
D. Salvi, "La necropoli orientale", in D. Mureddu-D. Salvi-G. Stefani, [i]Sancti Innumerabiles[/i], Oristano, S'Alvure, 1988, pp. 79-83;
A.M. Nieddu, "La pittura paleocristiana in Sardegna: nuove acquisizioni", in [i]Rivista di Archeologia Cristiana[/i], LXXII, 1996, 1-2, pp. 245-283;
M. Dadea, "La necropoli di Bonaria", in M. Dadea-S. Mereu-M.A. Serra, [i]Arcidiocesi di Cagliari[/i], collana "Chiese e arte sacra in Sardegna", Cagliari, Zonza, 2000, pp. 219-220;
D. Mureddu, "Cagliari, area adiacente il cimitero di Bonaria: un butto altomedievale con anfore a corpo globulare", in [i]Ai confini dell'impero. Storia, arte e archeologia della Sardegna bizantina[/i], a cura di P. Corrias-S. Cosentino, Cagliari, M&T Sardegna, 2002, pp. 237-241;
A.M. Nieddu, "L'arte paleocristiana in Sardegna: la pittura", in [i]Insulae Christi. Il cristianesimo primitivo in Sardegna, Corsica e Baleari[/i], a cura di P.G. Spanu, Oristano, S'Alvure, 2002, pp. 366-386.
Il museo è situato negli spazi attigui al Santuario di Nostra Signora di Bonaria, sul colle omonimo, in un edificio di origine aragonese e sede dell'ordine dei Mercedari, noti soprattutto per l'impegno profuso nei secoli in favore della liberazione degli schiavi.
Il tema principale è rappresentato dagli ex-voto, testimonianza della devozione dei fedeli.
Il Santuario, invece, deve la sua notorietà al simulacro ligneo della Madonna approdato sulla spiaggia antistante nel 1370, ed al conseguente affermarsi di un forte culto della Vergine quale protettrice dei naviganti.
Il museo è articolato in 4 spazi espositivi, corridoio più 3 sale.
1° Sala: testimonianze archeologiche del colle di Bonaria, elaborati e oggetti riferibili alla storia del castello di Bonaria e dell'ordine dei Mercedari.
Corridoio e 2° Sala: pitture, modelli navali votivi ed altri ex-voto. Gli ex-voto, il più antico dei quali risale al 1400 circa, sono quasi tutti prodotti di pregevole artigianato e costituiscono un'importante antologia di storia dell'arte navale. Le pitture votive, in larga parte di tema marinaresco (sec. XVIII-XIX), hanno anch'esse un'importanza storico-documentale di primo piano. Nel Corridoio è inoltre visibile una cisterna aragonese, mentre nella 2° Sala sono esposte le mummie di alcuni membri della nobile famiglia Alagon, morti di peste nel sec. XVII.
3° Sala: tesoro del Santuario e arredi sacri. Tra i doni, che provengono tutti da personaggi illustri, corone d'argento e paramenti offerti da nobili consorti di viceré nel XVI sec., due magnifiche corone d'oro donate nel 1806 dal re Carlo Emanuele I e dalla regina, altri doni offerti dal cardinale Baggio e dai papi Pio XI, Paolo VI e Giovanni Paolo II.
Indirizzo: piazza Bonaria, 2 - 09125 Cagliari
La basilica si trova sull'omonimo colle, a S/E della città, visivamente individuabile e facilmente raggiungibile da viale Bonaria.
Il contesto ambientale
Nel colle di Bonaria furono scavate le tombe della necropoli romana e della prima comunità cristiana di Cagliari. A s. della basilica sorge il santuario edificato nel 1324-25, la più antica architettura gotico-catalana in Sardegna.
Descrizione
Sul finire del XVII secolo padre Bernardo di Cariñena, mercedario del convento di Bonaria, divenne arcivescovo di Cagliari. Fu lui a volere la costruzione di una nuova chiesa, da affiancare all'antico santuario trecentesco. I lavori iniziarono nel 1704 ma non andarono oltre le fasi preliminari.
Quando la Sardegna passò al ducato di Savoia, fu affidato un nuovo progetto all'ingegnere militare piemontese Antonio Felice De Vincenti. Egli eseguì anche un pregevole modello ligneo, tuttora esistente, considerato la testimonianza più precoce e organica del Barocco in Sardegna. Il De Vincenti fonde elementi piemontesi, in particolare guariniani, e spagnoli, appresi sia in Sicilia sia in Sardegna. Il progetto prevedeva un impianto a tre navate, transetto poco pronunciato, cupole sul presbiterio e all'incrocio con il transetto, pronao d'ingresso. Benché mai realizzato, fu d'esempio per la successiva architettura isolana.
Nel 1742 fu costruito il pronao. Tra il 1764 ed il 1765 il marmoraro cagliaritano Squinardi realizzò le colonne binate ed i capitelli che scandiscono la navata. Il lavoro fu poi completato dai carpentieri Denergry e Dejoannis. Nel 1778 un altro ingegnere piemontese, Giuseppe Viana, apportò al progetto consistenti modifiche, anch'esse però mai realizzate.
Per mancanza di fondi e per l'opposizione del governo sabaudo, i lavori furono definitivamente sospesi nel 1804; nel 1866 il convento e l'area dell'erigenda chiesa furono incamerati dal Comune di Cagliari e il resto passò al Demanio dello Stato.
Solo in occasione dei lavori che sconvolsero l'assetto del santuario, tra il 1869 e il 1875, si riprese il progetto di ultimare la chiesa. Nel 1907 papa Pio X proclamò la Vergine di Bonaria Patrona Massima della Sardegna; l'avvenimento dovette certo accelerare la riapertura di un cantiere ormai invaso dalla vegetazione e con le strutture pericolanti per la lunga esposizione alle intemperie. I lavori ripresero nel 1910 sotto la direzione dell'ingegner Simonetti, il quale decise di eseguire in cemento armato le coperture delle navate e la cupola all'incrocio con il transetto; si tratta di uno dei primi esempi in Sardegna di utilizzo del nuovo materiale, della cui progettazione ed esecuzione si occupò la società Porcheddu di Torino. La chiesa fu consacrata, anche se non completamente ultimata, nel 1926, ed ebbe da Pio XI il titolo di Basilica Minore.
Di fredde forme classiciste, ha impianto a croce latina. La facciata è divise in due ordini: quello inferiore, a tre fornici inquadrati da coppie di lesene, immette nel pronao d'ingresso, diviso in tre campate; in quello superiore si apre la loggia delle benedizioni sormontata da un timpano con lo stemma dei mercedari.
L'interno, a tre navate ed ampio transetto, ha dieci cappelle, quattro per lato nelle navate laterali e due nel transetto, ai lati del presbiterio. La navata centrale è voltata a botte scandita da sottarchi, quelle laterali hanno volte a vela sovrastate da cupolini ottagonali. All'incrocio con il transetto si eleva una cupola su tamburo ottagonale, conclusa da lanterna.
I bombardamenti del 1943 provocarono la caduta degli stucchi dorati delle volte e della cupola, delle cornici e degli intonaci dipinti. Ai primi lavori di ripristino, operati dal Genio Civile nell'immediato dopoguerra, seguirono, dal 1958, quelli che diedero all'edificio la veste attuale, diretti dell'architetto perugino Gina Baldracchini. Il degrado delle strutture in cemento armato, causato dall'umidità e dall'aria salmastra, ha reso necessari ulteriori lavori di restauro diretti, tra il 1983 ed il 1998, dagli architetti Jolao Farci e Marco Atzeni.
Nel centro urbano di Cagliari si sale in viale Bonaria fino alla piazza omonima. Sulla s., affiancato alla basilica, si erge il santuario di Nostra Signora di Bonaria.
Il contesto ambientale
Dall'omonimo colle cagliaritano di Bonaria, il santuario e la basilica dominano il golfo di Cagliari. L'area corrisponde a un settore della necropoli O della città romana, nella quale vennero ritrovate nell'Ottocento alcune tombe cristiane, le più antiche individuate a Cagliari. Sul colle si insediarono fra il 1324 e il 1326 gli Aragonesi, dopo la concessione del "Regnum Sardiniae et Corsicae" alla Corona d'Aragona da parte di Bonifacio VIII, per assediare il Castello di Cagliari e quindi porre fine all'egemonia pisana.
Descrizione
Il santuario di Nostra Signora di Bonaria è uno dei luoghi simbolo dell'identità cagliaritana. Dall'alto del colle omonimo, è uno dei primi edifici che si avvista dal mare, entrando da E nell'ampia baia sulla quale si affaccia la città. Non a caso, dunque, la Madonna di Bonaria è stata eletta a protettrice dei naviganti. Il suo veneratissimo simulacro ligneo, secondo la tradizione approdato entro una cassa sul litorale cagliaritano nel 1370, risale alla seconda metà del XV secolo ed è opera pregevole di uno scultore ibero-campano.
La chiesa venne fondata negli anni dell'assedio che gli Aragonesi posero al Castello pisano di Cagliari, fra il 1324 e il 1325. La consegna del quartiere alla Corona d'Aragona, nel 1326, determinò anche la fine della cittadella di Bonaria, ma non del suo santuario, originariamente intitolato alla Santissima Trinità e alla Madonna, che rappresenta una schietta derivazione dei modelli gotico-catalani. Fu esemplato infatti sul modello della cappella di Sant'Agata, compresa nel Palazzo reale maggiore di Barcellona (1302-11). Unica eccezione è rappresentata dall'insolita soluzione del campanile elevato sopra il presbiterio, probabilmente come torre di avvistamento, compresa nella cinta muraria che proteggeva la cittadella aragonese.
L'aula ha una lunghezza di circa 15 m. In origine era più corta, a navata unica con abside a pianta poligonale. Secondo i modi tipici dell'architettura gotico-catalana, aveva robusti contrafforti lungo i muri esterni. Nel corso del Cinquecento tra i contrafforti furono aperte le cappelle laterali. Si conservano solo quelle sul fianco s. La copertura, originariamente lignea, fu sostituita da una volta a botte ogivale percorsa da sottarchi. Nel Settecento vennero demolite le cappelle sul fianco destro, delle quali oggi rimane solo l'arco d'accesso alla Basilica. I restauri del 1869 hanno snaturato l'originaria conformazione del Santuario, che venne allungato per allinearlo alla basilica, iniziata nel 1704 e completata solo nel 1926.
La zona presbiteriale, unica superstite della chiesa del XIV secolo, ha pianta semidecagonale, con volta a crociera ombrelliforme. All'esterno, addossata all'abside si vede la torre campanaria contraffortata. La copertura, costruita nel XIX secolo, è a volta a botte spezzata. Nella facciata, ricostruita in conci calcarei, sono stati rimontati gli stipiti e l'arco ogivale modanato, che costituivano il portale della distrutta chiesa di San Francesco di Stampace.
Vedi la pianta e le sezioni del monumento [32]
Storia degli studi
L'importanza del monumento fu messa in evidenza da Renata Serra (1957, 1984), che vi riconobbe la più antica architettura gotico-catalana in Sardegna. Le ricerche storiche di Antonio Arribas Palau (1952) appurarono che la fabbrica del santuario si inquadra nel fugace insediamento urbanistico sul colle, voluto dall'infante Alfonso negli anni dell'assedio aragonese di Cagliari. La robusta cinta muraria, secondo Joaquin Arce (1960), avrebbe potuto inglobare il campanile della chiesa. Francesca Segni Pulvirenti e Aldo Sari (1994), in linea con gli studi precedenti, ritengono che il santuario sia stato edificato tra il 1324 e il 1325.
Bibliografia
E. Lippi, [i]Storia del Santuario di Nostra Signora di Bonaria[/i], Cagliari, 1870;
A. Arribas Palau, [i]La Conquista de Cerdeña por Jaime II de Aragón[/i], Barcellona, 1952;
R. Serra, "Il santuario di Bonaria in Cagliari e gli inizi del gotico catalano in Sardegna", in [i]Studi Sardi[/i], XIV-XV, 1955-57, parte II, pp. 333-354;
J. Arce, [i]La Spagna in Sardegna[/i], Cagliari, 1982, p. 353;
R. Serra, "L'architettura sardo-catalana", in [i]I Catalani in Sardegna[/i], a cura di J. Carbonell-Francesco Manconi, Cinisello Balsamo, Silvana, 1984, p. 125;
F. Segni Pulvirenti-A. Sari, Architettura tardogotica e d'influsso rinascimentale, collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 1994, sch. 1. [33]
Cagliari è la città più importante della Sardegna, al centro dell'ampio golfo degli Angeli nella parte Sud dell'isola.
Il contesto ambientale
La scalinata si sviluppa dal sagrato di Bonaria fino al sottostante viale Diaz ed era prevista già prima della seconda guerra mondiale per sistemare lo spazio antistante alla basilica.
Descrizione
La scalinata nasce da un concorso bandito nel 1960 e vinto dagli architetti romani Adriano e Lucio Cambellotti. Originariamente il progetto doveva comprendere anche gli spazi fino al viale Colombo e il mare (su Siccu) in un'unica soluzione. Avviata tra il 1962 e il 1963 la scalinata fu aperta al pubblico nel 1967, dopo varie interruzioni.
La scalinata, lunga e articolata, non ha un preciso asse, ricorrendo invece ad un equilibrio di masse piuttosto che di simmetrie, tanto che la salita consente la scoperta progressiva della facciata della basilica, fino alla colonna mariana che ricorda l'evento miracoloso (1370) dell'arrivo dal mare della cassa di legno contenente la statua della venerata Madonna di Bonaria, peraltro stilisticamente più tarda. .
Il materiale è una concrezione di conglomerato di cemento e schegge di pietrame sardo (granito e calcare), che avvolge la scala, creando spazi di sosta e di passaggio, fino ad un culmine che sovrasta le sepolture paleocristiane ad "arcosolium", ritrovate durante i lavori.
Non venne invece completato il ninfeo, con l'acqua a cascata, mai realizzato per la complessità dell'impianto idraulico e oggi riempito con terra e vegetazione.
Storia degli studi
Una rassegna degli studi si trova nella bibliografia relativa alla scheda nel volume della "Storia dell'arte in Sardegna" sull'architettura otto-novecentesca (2001).
Bibliografia
F. Masala, [i]Architettura dall'Unità d'Italia alla fine del '900[/i], collana ''Storia dell'arte in Sardegna'', Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 158. [35]
La torre sorvegliava la spiaggia sottostante e l'area del Lazzaretto, per segnalare eventuali incursioni verso le saline. Era inoltre in contatto visivo con le vicine torri di Calamosca, Cala Fighera, Sant'Elia e le fortificazioni di Cagliari.
La torre, destinata soltanto alla funzione di avvistamento, era definita "torrezilla". Come le altre torri del cagliaritano, l'alloggio interno presentava un'unica apertura che corrispondeva all'ingresso.
La denominazione della torre variò nei secoli. Il nome attuale "del Prezzemolo" o "de su Perdusemini" o "Petro Semolo" è preso in prestito dalla torre di Cala Fighera.
La torre del Prezzemolo è una costruzione dalla classica forma troncoconica ma di dimensioni ridotte.
Tra le torri costiere è quella più piccola a causa della ristrettezza del sito dove fu edificata, uno spuntone roccioso con accesso da un'unica direzione, a ridosso della caletta sottostante.
La torre si trova poco fuori dal borgo di Sant'Elia. Vi si giunge in auto seguendo la strada sterrata. Oppure si percorre il viale Calamosca per poi dirigersi a piedi in direzione della torre.
Si percorrono il viale Diaz e il viale San Bartolomeo. Seguendo l'ultimo tratto alberato, a circa 200 m dalla chiesa di San Bartolomeo, si imbocca a d. la strada che conduce al monumento, facilmente raggiungibile in auto.
Il contesto ambientale
La localizzazione della torre, sospesa tra cielo e mare su un costone roccioso di formazione calcarea, offre un panorama eccezionale su tutto il Golfo degli Angeli. Da qui è possibile avvistare tutte le torri del Golfo di Cagliari, da Sant'Efisio all'Isola dei Cavoli.
Descrizione
La torre dei Segnali di Calamosca fu realizzata entro il 1638, come risulta da un'iscrizione all'esterno, ed è tra le più grandi in Sardegna.
La torre è costituita da tre volumi: il primo, iniziando dal basso, è di forma troncoconica, alto 7 m, con un diametro inferiore di circa 17 m; il secondo è un cilindro alto 3 m con un diametro di 17 m; il terzo è ancora un cilindro alto 6 m con 13,80 m di diametro.
Il piano terra ha una muratura spessa 3,3 m ed è coperto da una grande volta a cupola alta circa 8 m e con un diametro di 11 m. Attraverso una scala interna si sale al primo piano, anch'esso coperto con una volta a cupola molto grande, alta 5 m e dal diametro di 12 m.
Dal punto di vista architettonico e strutturale, la torre si trova in ottime condizioni. Le pareti interne ed esterne sono intonacate, le scale praticabili. All'esterno, la consueta modanatura a toro segna il passaggio tra il volume troncoconico e il primo cilindro. Il secondo dettaglio - una modanatura posta sul finale del primo cilindro e formata da un guscio sormontato da un listello - è meno frequente nelle fortificazioni sarde del Seicento.
Storia degli studi
La torre è compresa nelle principali opere sulle fortificazioni costiere in Sardegna.
Bibliografia
Sardegna, collana "[i]Guida d'Italia T.C.I[/i].", Milano, 1984;
P. Castelli, "Progettazione del sistema territoriale di difesa", in [i]Arte e cultura del '600 e del '700 in Sardegna. Atti del Convegno Nazionale[/i], Napoli, 1984;
G. Montaldo, "[i]Apprestamenti difensivi costieri[/i]", in Arte e cultura del '600 e del '700 in Sardegna. Atti del Convegno Nazionale, Napoli, 1984;
G. Montaldo, [i]Le torri costiere in Sardegna[/i], Sassari, Carlo Delfino, Sassari 1992.
Calamosca si trova a Cagliari, e gode quindi di tutti i benefici della vicinanza con la città, come hotel, ristoranti e bar. La spiaggia si presenta con un fondale di sabbia a grana grossa mista a ghiaia di diversa grandezza delimitata nella parte occidentale da una scogliera e dal promontorio di Colle Sant'Elia, sormontato da una torre d'avvistamento; il monte ha nel tempo acquistato fama come “Sella del Diavolo”, da una leggenda che vuole Lucifero disarcionato dagli angeli. La spiaggia di Calamosca, pur essendo appartata rispetto alla città, non è frequentata solo da cagliaritani, ma anche dai turisti.
La spiaggia è raggiungibile agevolmente dal centro abitato di Cagliari, seguendo le indicazioni.
Ricca di servizi, è dotata di ampio parcheggio, è accessibile ai diversamente abili ed è visitabile anche dai bambini senza grossi pericoli. È possibile noleggiare ombrellone, sdraio e pattino. Battuta dal vento, è meta ideale per i surfisti ed è amata da quanti praticano la pesca subacquea o le immersioni.
Il lunghissimo litorale del Poetto si estende tra Cagliari e Quartu Sant'Elena ed è dominato dal promontorio della Sella del Diavolo. Facilmente raggiungibile dalla località Calamosca, attraverso un percorso naturalistico percorribile in un'ora, la Sella del Diavolo offre un panorama di tutta la città e del litorale. Grazie alla vicinanza dello stagno di Molentargius e delle Saline, dalla spiaggia del Poetto è possibile ammirare il volo dei fenicotteri rosa che nidificano indisturbati dal 1993 in un'oasi protetta, unica in Italia, separata dalla strada da un muro di canne palustri. Il litorale del Poetto frequentato intensamente dal primo decennio del XX secolo, è collegato alla città con mezzi pubblici che assicurano un servizio regolare ed efficiente.
A Cagliari si percorre il Viale Diaz sino all'imbocco del Viale Poetto, che conduce alla spiaggia, lunga circa 9 km. Fino all'incrocio con il Viale Colombo di Quartu appartiene al comune di Cagliari, invece, dall'incrocio sino al Margine Rosso, la spiaggia ricade nel comune di Quartu Sant'Elena.
Ai tradizionali stabilimenti di un tempo chiamati casotti si sono sostituite numerose infrastrutture, come attrezzature balneari, chioschi, bar, ristoranti, supermercati, attività sportive, un porticciolo, un luna park permanente e altre attrazioni. L'area rappresenta un vero quartiere della città e offre servizi urbani quali parcheggi e un ospedale, oltre al porticciolo di Marina Piccola.
La spiaggia del Poetto di Quartu Sant'Elena, lunga parecchi chilometri, è la porzione quartese della celebre spiaggia cagliaritana e si estende da Foxi al Poetto di Cagliari. Ha un fondo di sabbia bianca sottile contornata da palme e una vegetazione che a tratti occupa anche l'arenile. Questo lungo lido, per le sue qualità naturalistiche, la limpidezza e pulizia delle acque e i sevizi offerti, ha ricevuto il riconoscimento della Bandiera Blu.
Il Poetto di Quartu Sant'Elena si trova nella omonima località, nel comune di Quartu Sant'Elena, ed è facilmente raggiungibile anche da Cagliari.
Il Parco naturale regionale Molentargius-Saline è ubicato nella Sardegna meridionale nelle vicinanze di Cagliari e Quartu Sant'Elena, due tra le maggiori città dell'Isola. Deve il suo nome al mezzo utilizzato in passato per trasportare il sale raccolto nei suoi bacini: su molenti, che in sardo significa asino. La zona, infatti, ha rappresentato per secoli il bacino più ricco in Sardegna per l'estrazione del sale dalle acque del mare, interrottasi solo nel 1985. Il Parco comprende il sistema degli stagni di acqua dolce del "Bellarosa Minore" e "Perdalonga", e di acqua salata del "Bellarosa Maggiore" o Molentargius. Prima di essere riconosciuto come parco naturale regionale il sito è stato riconosciuto dalla Convenzione di Ramsar nel 1977 come area umida di valore internazionale per la presenza dell’avifauna: l’ecosistema del Molentargius è infatti uno dei siti più importanti in Europa per la sosta, lo svernamento e la nidificazione di numerose specie di uccelli acquatici. Abitano lo stagno anche specie animali meno conosciute e di più difficile individuazione rispetto agli uccelli. Tra gli anfibi: la raganella ed il rospo smeraldino, tra i rettili: la tartaruga palustre, la biscia d’acqua, il biacco e la luscengola; tra i mammiferi: il riccio, la donnola e il coniglio selvatico. Anche gli insetti presenti, tra cui le libellule, rivestono un ruolo importante nel mantenere l’equilibrio dell'ecosistema. La flora è varia ed eterogenea: sono presenti specie endemiche ed elementi della flora iscritti nella “Lista rossa” delle piante in pericolo di estinzione. Il Centro di Educazione Ambientale e alla Sostenibilità Molentargius cura e coordina tutte le attività legate all’educazione ambientale e alla fruizione pubblica del Parco. Il centro è dotato di microscopi, sussidi audiovisivi e mezzi informatici. Gli esperti del centro guidano gli studenti e i visitatori: attraverso esperimenti semplici ma rigorosi spiegano verso le dinamiche dell’ecosistema. I visitatori possono prenotare una visita guidata per gruppi che comprende l’osservazione della flora e della fauna del Parco, oppure possono lasciare l’auto negli appositi parcheggi e addentrarsi nelle aree verdi, aperte tutti i giorni, dove si snodano, all’interno di un territorio di rilevante interesse naturalistico, i percorsi liberi e sportivi. L'utilizzo della bicicletta è uno dei modi migliori per scoprire i percorsi del Parco di Molentargius: presso l’Edificio Sali Scelti sono disponibili un servizio di noleggio bici e una stazione di bikesharing. Gli esperti del centro consigliano di adottare per l'escursione un abbigliamento idoneo evitando i colori accesi ed optando per scarpe comode e resistenti all’acqua e al fango e indumenti dalle tinte mimetiche: verde, grigio, marrone. In tal modo sarà più facile sfuggire alla vista acuta degli animali e sarà possibile osservarli durante la loro attività. Si consiglia inoltre di portare i binocoli, grazie ai quali sarà più semplice l'osservazione degli animali senza la necessità di avvicinarsi ed evitando di disturbarli.
Il Parco si raggiunge facilmente sia da Cagliari che da Quartu Sant’Elena attraverso il Lungomare del Poetto. La zona più interna, costituita dalla striscia di terra di Is Arenas, è accessibile da Quartu Sant'Elena: in via Don Giordi sono presenti i parcheggi per i visitatori. A Cagliari in via La Palma, nell'Edificio Sali Scelti, si trova l’InfoPoint.
Orario di apertura percorsi e aree verdi: Maggio – Settembre 8:00-20:00 Ottobre – Aprile 8:00-18:00
Le saline si raggiungono dal sistema viario a ridosso del lungomare del Poetto, nella zona E della città.
Il contesto ambientale
Il vasto e interessante complesso sorge in un'area compresa tra lo stagno di Molentargius e la spiaggia del Poetto, utilizzato per la raccolta del sale già da Punici e Romani e poi ceduto nell'XI secolo ai monaci vittorini.
Descrizione
L'attività estrattiva, continuata nel corso dei secoli con le "corvées" degli abitanti dei paesi limitrofi e il lavoro dei forzati, fu interrotta nel 1985 a causa dell'inquinamento dell'area chiamata Bellarosa Minore.
La sistemazione attuale risale principalmente agli anni intorno al 1930 su iniziativa del Monopolio di Stato con un intervento progettuale dovuto in massima parte al direttore delle Saline, ing. Vincenzo Marchi, che disegnò sia i luoghi del lavoro, sia le residenze per i dipendenti.
La prima costruzione è la piccola chiesa del Sacro Nome di Maria (1934), in forme neomedievali, seguita dalla palazzina un tempo della direzione, con richiami neogotici soprattutto nelle aperture. Successivamente, in prossimità della cabina elettrica, in mattoni rossi come tutte le altre costruzioni, si apre un viale alberato, con una doppia fila di "Ficus retusa", che conduce alla zona residenziale in una piazza interna dove sorgono le palazzine con motivi decorativi Liberty.
A sinistra, si vede l'officina delle locomotive già usate per il trasporto del sale, e, superato il ponte, la vecchia sede del Dopolavoro dei salinieri (1932), trasformato del Teatro delle Saline nel 1991. La sala del teatro, costituita da platea e balconata protetta da una ringhiera in ghisa, è ornata con soggetti classici, ripetuti nelle pareti e nel soffitto a cassettoni, che inquadrano un ampio ovato centrale. I locali del dopolavoro sono divenuti gli ambienti di servizio del teatro ed ospitano anche una Biblioteca dello Spettacolo a disposizione del pubblico.
Proseguendo lungo il canale di via della Palma, sulla d. sono visibili gli impianti sussidiari alla lavorazione del sale e la palazzina dei sali scelti, sede del Consorzio del parco naturale regionale Molentargius-Saline, destinato a gestire la vasta zona umida, e gli edifici dismessi della lavorazione del bromo e dei sali potassici, ormai esempi di archeologia industriale.
Nel 1977 la zona umida circostante fu inserita tra i siti riconosciuti dalla Convenzione di Ramsar come habitat ideale per l'avifauna.
Storia degli studi
Una rassegna degli studi si trova nella bibliografia relativa alla scheda nel volume della "Storia dell'arte in Sardegna" sull'architettura otto-novecentesca (2001).
Bibliografia
S. Pira-F. Masala-P. Tarantini-M. Del Piano, [i]La città del sale[/i], Cagliari, Stef, 1994, pp. 25-36;
G. Loddo, [i]Cagliari. Architetture dal 1900 al 1945[/i], Cagliari, Coedisar, 1999, pp. 109-110;
F. Masala, [i]Architettura dall'Unità d'Italia alla fine del '900[/i], collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 43 [43].
Villasimius è un comune in provincia di Cagliari che conta oltre 3.600 abitanti, il cui nome originario è “Carbonara”. In passato l’economia di Villasimius era basata principalmente sull’agricoltura, sulla pastorizia e sull’estrazione di granito, ma dopo gli anni Sessanta l’attività principale è diventata il turismo. Villasimius è infatti uno dei luoghi di villeggiatura estiva più frequentati della Sardegna e del Mediterraneo. Il porticciolo è un moderno e attrezzato marina con tutti i servizi. La posizione all'estremo sudest di Villasimius può essere una buona occasione per visitare una delle zone più interessanti della Sardegna. Il paese dista circa 7 km dal porto.
La spiaggia di Porto Giunco ha un fondo di sabbia bianca e sottile. Le sue acque sono di un tenue azzurro e questo ha attratto numerosi pubblicitari, che l'hanno resa scenario ineguagliabile dei propri spot. Nella zona si trova lo stagno di Notteri, luogo scelto dai fenicotteri rosa quale habitat.
Partendo da Cagliari si percorre la Strada Statale 125 fino a Villasimius, ed è raggiungibile partendo dall'abitato, percorrendo la strada verso sud. Superato lo stagno di Notteri, si seguono le indicazioni per la spiaggia, cui si accede a piedi attraverso un sentiero interno a un bosco di eucalipti.
La spiaggia è ricca di servizi: è accessibile ai diversamente abili, è dotata di ampio parcheggio, hotel, bar, punto di ristoro e locali notturni. Porto Giunco è caratterizzata da un basso fondale che rende sicuro il gioco dei bambini. È possibile noleggiare ombrellone, sdraio e patino. Battuta dal vento è meta ideale per i surfisti ed è amata da quanti praticano diving e snorkeling.
Lo specchio d'acqua di Notteri si estende per una superficie di 34 ettari, con una profondità che può raggiungere il massimo di mezzo metro. È ubicato nella parte mediana più stretta dalla penisoletta di Capo Carbonara, nel comune di Villasimius. Dipinge uno scenario naturalistico particolarmente interessante perché risulta separato dalle acque di Capo Carbonara da una striscia di sabbia sottile, generando una doppio campo cromatico azzurro con il mare. I geologi attribuiscono la sua formazione alla graduale unione che nel tempo ha interessato l'antica isoletta di Punta Santo Stefano e la terraferma, provocando la formazione di due cordoni sabbiosi che hanno chiuso una porzione di mare, divenuto appunto lo stagno di Notteri. Lo specchio d'acqua non ha emissari né collegamenti col mare, quindi è soggetto a prosciugamento nei mesi estivi. Proprio questo suo isolamento e l'immediata vicinanza con il mare, se rendono oscillante la presenza dell'acqua nel bacino a seconda delle piogge, ne determina anche un'alta concentrazione d'acqua salina. Le sue rive basse e sabbiose sono frequentate da una fauna acquatica abbastanza comune, considerando la presenza dei gabbiani, cormorani, limicoli. Tuttavia la sua bassa profondità, se impedisce la presenza dello svasso piccolo, amante delle acque più profonde, favorisce la presenza del fenicottero, che è possibile vedere, nella sua maestosità, durante i mesi della stagione invernale. Tale presenza assume un preziosissimo valore perché il fenicottero non compare in nessun'altra zona umida della costa orientale, a parte gli stagni di Colostrai e di Feraxi.
Da Cagliari si procede lungo la litoranea Quartu Sant'Elena - Villasimius. Circa due chilometri prima del paese di Villasimius si incontra sulla destra il bivio per Campulongu (Condominio Cordolino Blu) e si percorre questa strada fino a un bivio che cpnduce sulla destra al Porto di Villasimius. Procedendo s'incontra dopo cento metri un nuovo bivio sulla sinistra che conduce allo stagno.
Nelle spiagge accanto allo stagno si trovano diversi chioschi e punti ristoro.
Acque smeraldine e paesaggi suggestivi: queste le caratteristiche dell'area marina protetta di Capo Carbonara, nella costa sud orientale dell'Isola. Una striscia di terra che da Villasimius si allunga sul mare, un'area che comprende Capo Boi e Punta Porceddus, nel tratto costiero che si affaccia sull'isola di Serpentara e sull'isola dei Cavoli. Istituita nel 1998, l'Area si caratterizza per le pareti granitiche, le verdi pinete e una vegetazione mediterranea molto fitta. Qui si trova uno dei punti più suggestivi della costa sarda: lo stagno di Notteri, diviso dal mare da una sottile lingua di sabbia che ospita fenicotteri, gabbiani, berte, starne. Le spiagge distese lungo il promontorio di Capo Carbonara si caratterizzano per la lucentezza della sabbia: effetto dei cristalli di quarzo, come nelle calette tra Capo Boi e Campu Longu. I fondali sono abitati da ricciole, tonni e barracuda: questa specie tropicale ha infatti scelto le acque del sud come luogo di stanziamento. Nei dintorni di Serpentara si possono incontrare i delfini, mentre nelle acque della Secca di Santa Caterina, a 10 metri di profondità, si trova la statua della Madonna del Naufrago, opera dello scultore sardo Pinuccio Sciola.
Da Cagliari per raggiungere Villasimius è sufficiente 1 ora d'auto (o autobus), percorrendo la Strada Provinciale 17, strada costiera panoramica.
L'area ospita diverse attività di educazione ambientale. Dal 23 luglio al 9 settembre apre il centro visite dell'Area Marina Protetta presso il Porto Turistico “Marina di Villasimius” fronte bivio Notteri - Porto Giunco. L'ingresso al centro è gratuito dal lunedì al sabato dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 17.30 alle 21.30 e la domenica dalle 17.30 alle 21.30. Il mercoledì alle 19.00 attività ludiche di educazione ambientale per i bambini. Durante la giornata sono disponibili proiezioni di diapositive e videofilmati sull’ambiente marino.
L'Isola dei Cavoli si trova nella località e nel comune di Villasimius. Ha un fondo di sabbia bianca caratterizzato dalla superficie rocciosa. Le sue acque sono di un intenso azzurro e vi abitano numerose specie di pesci, dalle orate ai barracuda; E' presente il cavolo selvatico (probabilmente all'origine del nome) e l'endemico acchiappamosche. Molti uccelli hanno scelto l'Isola per la nidificazione. L'area ospita anche un faro, costruito su una precedente torre d'avvistamento, le cui pareti sono ricoperte da piccole tessere dai colori cangianti dall'azzurro al viola.
La spiaggia è facilmente raggiungibile partendo, con imbarcazioni proprie o con escursioni organizzate, dal porticciolo di Villasimius.
Sulla spiaggia è possibile seguire un itinerario botanico creato dai ricercatori dell'Università di Cagliari.
L'Isola dei Cavoli si trova nella località e nel comune di Villasimius, ed è facilmente raggiungibile partendo, con imbarcazioni proprie o con escursioni organizzate, dal porticciolo di Villasimius. Non lontana da Capo Carbonara, è considerata l'estrema propaggine sud della costa granitica del Sarrabus: una terra di confine di impareggiabile bellezza.
L'Isola si presenta con un fondo parzialmente ricoperto di sabbia bianca dalla superficie rocciosa. Le sue acque sono di un intenso azzurro e ospitano numerose specie ittiche: saraghi e ricciole, orate e barracuda, polipi e aragoste e tante altre varietà di pesci. Anche la flora è decisamente ricca e variegata: vi si trova il cavolo selvatico, probabilmente all'origine del nome, e l'endemico acchiappamosche.
L'isola conserva inoltre un interessante regno faunistico: è luogo scelto per la nidificazione da falchi pellegrini, cormorani dal ciuffo, berte maggiori e minori, numerosi gabbiani. L'altura settentrionale è dominata dal Faro dei Cavoli (40 metri), costruito nei primi anni del Novecento su una precedente torre d'avvistamento spagnola, le cui pareti sono ricoperte da piccole tessere con colori cangianti dall'azzurro al viola.
La preziosità ambientale dell'isola naturalistica è tutelata dalle iniziative di protezione del parco geominerario che fa capo al Comune di Villasimius, alla Regione Sardegna e all'Università di Cagliari. La spiaggia dell'Isola dei Cavoli uno dei punti di partenza per seguire un itinerario botanico creato dai ricercatori dell'Università di Cagliari.
Da Cagliari per raggiungere Villasimius è sufficiente 1 ora d'auto, o autobus, percorrendo la 125, strada costiera panoramica.
L'Isola di Serpentara si trova nel comune di Castiadas, ed è ubicata di fronte alla spiaggia di Villasimius. Il bordo costiero ha un fondo di scogli e rocce che assumono una forma vagamente rievocativa di un serpente. Caratteristica la presenza di tre scogli granitici, i Variglioni, che formano in mare piccole piscine naturali nelle quali è possibile tuffarsi.
Serpentara è sormontata da una torre di avvistamento, San Luigi, dalla quale si può ammirare l'intero litorale di Villasimius. Disabitata dall'uomo, l'Isola è dominata dalla presenza di una ricca fauna, che comprende il coniglio selvatico, i gabbiani corsi, i marangoni dal ciuffo, i delfini.
Essendo parte integrante dell'Area Marina protetta di Capo Carbonara, navigazione, pesca e immersioni sono regolate dall'Ente gestore.
È possibile raggiungerla con piccole imbarcazioni o con le numerose escursioni organizzate nel porticciolo turistico di Villasimius.
L'Isola di Serpentara si trova di fronte alla spiaggia di Villasimius. È possibile raggiungerla con piccole imbarcazioni o con le numerose escursioni organizzate dal porticciolo di Villasimius. Il punto di accesso più facile è la spiaggia chiamata Caletta d'approdo, nel nord-ovest. L'Isola si presenta con un fondo di scogli e rocce la cui forma ricorda un serpente: questa sua morfologia sta probabilmente all'origine del nome. A sud dell'isola, si vedono ammassi di graniti gialli, grigi e rosati, erosi finemente dal vento. Serpentara è dominata da una torre di avvistamento, la Torre di San Luigi, dalla quale si può ammirare l'intero litorale di Villasimius. La macchia mediterranea cresce rigogliosa dando riparo a diverse specie di animali tra cui conigli selvatici, lucertole ma anche gabbiani, marangoni dal ciuffo e delfini, parte integrante dell'Area Marina Protetta di Capo Carbonara. La navigazione, la pesca e le immersioni sono regolate dall'Ente gestore e vietate in alcune zone.
Da Cagliari per raggiungere Villasimius è sufficiente 1 ora d'auto o autobus, percorrendo la 125, strada costiera panoramica.
La spiaggia di Marina Rei ha un fondo di sabbia chiara e sottile. Il mare, di straordinaria limpidezza, combina spettacolari luccichii cromatici che vanno dal turchese al verde smeraldino.
E’ raggiungibile percorrendo la Strada Provinciale 17 verso Muravera, una volta giunti in località Costa Rei, si trovano le indicazioni per gli accessi alle spiagge.
La spiaggia è ricca di servizi: è accessibile ai diversamente abili, è dotata di ampio parcheggio, campeggio, hotel, bar, ristorante e locali in genere nei quali la vita notturna è animata. Marina Rei è caratterizzata da un basso fondale che rende sicuro il gioco dei bambini. È possibile noleggiare ombrelloni, sdraio e pattino, oltre all'attrezzatura per praticare snorkelling e diving. È una meta ideale per i surfisti ed è amata da chi pratica la pesca subacquea.
La spiaggia di Piscina Rei si presenta con un fondo di sabbia bianca e sottile, con la presenza di scogli che formano, in mare, piccole piscine naturali. Il fondale basso rende il gioco dei bambini in acqua sicuro. Alle spalle della spiaggia si distendono delle basse dune e uno stagno contornato da canne.
Piscina Rei si trova nella località di Costa Rei nel comune di Muravera, ed è raggiungibile percorrendo la Strada Panoramica per raggiungere la località sulla quale sono indicati gli accessi alle spiagge.
La spiaggia è ricca di servizi: è accessibile ai diversamente abili, è dotata di piccolo parcheggio, campeggio, hotel, bar, ristorante e locali notturni. È possibile noleggiarvi ombrelloni, sdraio e pattino. Battuta dal vento è meta ideale per i surfisti ed è amata da quanti praticano pesca subacquea, diving e snorkelling.
Porto Corallo, frazione del comune di Villaputzu, è circondata da piccole spiagge isolate e lunghe distese di sabbia fina. È dotata di un porto e di servizi ricettivi. Vanta itinerari di interesse naturalistico e ambientale: è situata infatti nelle vicinanze della piana del Flumendosa, ricca di agrumeti la cui crescita rigogliosa è favorita dal clima mite della zona. Porto Corallo si trova al centro della costa di circa 50 miglia che va da Arbatax a Villasimius ed è l'unico porto in un tratto senza ridossi o cale. Il mare e le spiagge lungo questa area sono belle e deserte con una conformazione lineare.
Porto Corallo con il paese di Villaputzu offrono molti servizi tecnici ma anche varie occasioni per visitare l'entroterra e mangiare prodotti genuini. Per i naviganti può essere un buon porto di partenza o arrivo dalla Sicilia oltre a una buona sosta di qualche giorno per visitare le coste vicine nella massima tranquillità.
Provenendo dalla SS 125 da Muravera, bisogna oltrepassare Villaputzu e, alla periferia N/E del paese, imboccare la diramazione per Porto Corallo.
Il contesto ambientale
La denominazione della torre risale già al XVI secolo per la forte presenza, nell'area, di corallari.
La torre controllava una zona strategica: la foce del Flumendosa. Quest'area era già frequentata in epoca punica, come approdo della città di Sarcapos/Sarrabos e, in epoca medievale, era difesa dallo scomparso castello di Malvicino o Sarrabos. Il fortilizio attuale, a 15 m s.l.m., era in contatto visivo con la torre di Monte Rosso, a N, e quelle delle Saline e di Capo Ferrato, a S.
Descrizione
La torre venne costruita dalla Reale Amministrazione delle Torri nell'ultimo decennio del XVI secolo.
La forma è cilindrica, con un leggero svasamento; l'altezza, dal livello di terra fino alla sommità dello spalamento della terrazza, è di 14 m. L'ingresso al primo piano è aperto a 6,5 m da terra; la camera interna, circolare, presenta un diametro di 6 m, una volta cupolata e tre troniere. Questo ambiente, detto anche casamatta, cioè la camera interna a prova di bomba, alla destra dell'ingresso, presenta una scala che porta al piano superiore e interna alla muratura. Sempre nel primo piano si possono notare un caminetto e la botola per discendere nella cisterna sottostante.
Nel piano superiore, originariamente aperto, detto anche piazza d'armi, era costruita la mezzaluna, una struttura leggera, dalla forma semicircolare, realizzata in canne e coppi, che si appoggiava nel parapetto fronte terra; il suo scopo era quello di proteggere le munizioni e gli uomini della torre per la notte; nel lato mare, invece, la muratura era merlata per l'alloggiamento dei cannoni.
La torre, in una relazione del 1720, appare in buono stato; cinquant'anni dopo, il manufatto necessitava di restauro e così, fra il 1777 e il 1778, fu demolita e ricostruita la struttura superiore fino al livello del boccaporto; altri interventi furono realizzati nel 1791 e nel 1798.
La torre, nella relazione del 1767 del piemontese Ripol, è indicata come torre di guardia con una piccola guarnigione composta da un alcaide, due soldati e un armamento costituito da due sole spingarde.
Nel secolo XIX il piano superiore venne chiuso, fu innalzato tutto il parapetto e tutte le merlature vennero trasformate in finestre; nello stesso periodo venne addossata alla torre una scala in pietra.
La torre di Porto Corallo, come scrive Della Marmora, subì l'attacco nel 1812 di una flotta di barbareschi della Tunisia, respinto grazie all'intervento di genti di Villaputzu e Muravera.
Attorno agli anni trenta dell'Ottocento la torre venne riparata su progetto dell'architetto Melis; quindi, dopo il 1842, data della soppressione della Reale Amministrazione delle Torri, adibita ad altri scopi. È stata restaurata nel 1984.
Storia degli studi
La torre è compresa nelle principali opere sulle fortificazioni costiere in Sardegna.
Bibliografia
A. Della Marmora, [i]Itinerario dell'Isola di Sardegna[/i], Cagliari, Alagna, 1868;
E. Pillosu, [i]Le torri litoranee in Sardegna[/i], Cagliari, Tipografia La Cartotecnica, 1957;
E. Pillosu, "Un inedito rapporto cinquecentesco sulla difesa costiera di Marco Antonio Camos", in [i]Nuovo Bullettino Bibliografico Sardo e Archivio delle tradizioni popolari[/i], V, 1959;
F. Fois, [i]Torri spagnole e forti piemontesi in Sardegna[/i], Cagliari, La Voce Sarda, 1981;
G. Montaldo, [i]Le torri costiere in Sardegna[/i], Sassari, Carlo Delfino, Sassari 1992;
F. Russo, [i]La difesa costiera del Regno di Sardegna dal XVI al XIX secolo[/i], Roma, Stato maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, 1992;
G. Montaldo, "Forti e Torri Costiere", in [i]Le Architetture fortificate della Sardegna centro-meridionale. Atti della Giornata di Studio[/i], Cagliari 16 ottobre 1999;
M. Rassu, [i]Guida alle torri e forti costieri[/i], Cagliari, Artigianarte, Cagliari 2000.
Da Cagliari si prende la SS 125 in direzione di Muravera, si continua sino a Villaputzu, da cui si raggiungere la località Ernigiana, localizzata al bivio per Porto Corallo al km 70 della stessa strada.
Il contesto ambientale
Il sito è situato sulla sommità del rilevo denominato "Cuccuru Santa Maria", presso una larga ansa del Flumendosa e degradante verso la sponda s. del fiume, a circa 3 km dalla foce. Il territorio circostante è costituito da un'ampia pianura fluviale limitata a N/O da rilievi.
Descrizione
Le strutture visibili del sito, ascrivibili al periodo fenicio e punico, sono costituite da un edificio quadrangolare di m 6 x 5, probabilmente un tempio.
Le murature sono costruite con blocchi sommariamente squadrati e con schegge di medie e grandi dimensioni. Il sistema costruttivo è in opera a secco, ma non manca una serie di muri realizzati con pietrame minuto cementato con malta di fango.
La posizione dell'abitato rispetto al Flumendosa induce a ipotizzare per l'età fenicia la presenza di un porto fluviale che permetteva alle navi di trovare sicuro rifugio e che consentiva l'imbarco del minerale d'argento proveniente dalle miniere del medio corso del Flumendosa.
A partire dal 540 a.C., periodo della conquista cartaginese della Sardegna, e fino alla prima metà del IV secolo a.C., è riscontrabile un evidente ridimensionamento del sito, percepibile dalla scarsezza dei ritrovamenti.
Storia degli scavi
Da tempo gli studiosi tentavano di localizzare la "statio" di Sarcapos menzionata nell'"Itinerarium Antonimi" (III secolo d.C.) a proposito della strada orientale dell'antica Sardegna. Nel 1966 la ricognizione effettuata dalla Missione congiunta della Soprintendenza alle Antichità di Cagliari e dell'Università di Roma sotto la direzione di Ferruccio Barreca ne indicò la sicura ubicazione.
Bibliografia
R. Zucca, "Sull'ubicazione di Sarcapos", in [i]Studi Ogliastrini[/i], Cagliari, 1984;
R. Ledda, [i]Censimento archeologico nel comune di Villaputzu[/i], Cagliari, Castello, 1989.