Il museo ha sede in un edificio d'epoca nel centro storico di Pula ed è dedicato ai ritrovamenti nell'antica città di Nora e nel territorio circostante.
Prima fenicia e punica, successivamente romana, Nora si sviluppò tra il VII sec. a.C. e l'VIII sec. d.C., quando le scorrerie arabe costrinsero gli abitanti a rifugiarsi nell'entroterra.
L'esposizione consente di approfondire i temi legati alla colonizzazione del territorio e alla fondazione della città, la più antica in Sardegna, di cui offre uno spaccato della vita nel corso dei secoli, sia attraverso i reperti legati al quotidiano sia attraverso quelli che rimandano alla sfera del sacro, ai riti, al culto dei morti. Un allestimento particolare, utilizzando la documentazione fotografica ottocentesca delle fasi di ritrovamento e di scavo, espone le stele del tofet punico del V-III sec. a.C. Un'interessante sezione è dedicata ai recuperi subacquei: anfore, ancore, ceramiche puniche e romane.
Il museo è l'indispensabile completamento alla visita della città di Nora.
Il pezzo forte della collezione è la lamina d'oro con "gorgoneion" (testa di Gorgonie), logo del museo, rinvenuta in una tomba a camera della necropoli punica di Nora.
Indirizzo: corso Vittorio Emanuele, 67 - 09010 Pula tel. 070 9209610 Ente titolare: Comune di Pula Gestione: soc. coop. Tur, campeggio Cala d'Ostia - 09010 Pula Orari: 9.00 - 20.00 (estivo); 9.00 - 17.30 (invernale); lunedì chiuso Biglietto: € 2,50 (intero); € 2,00 (ridotto). Cumulativo per visita a Nora: € 5,50 (intero), € 4,00 (ridotto per gruppi di oltre 20 persone), € 2,50 (ridotto dai 6 ai 14 anni). Esenzione per bambini fino a 5 anni, disabili non autosufficienti con accompagnatore Esiste un servizio di visita guidata compreso nel prezzo del biglietto (preferibile la prenotazione per gruppi e scolaresche). Il museo collabora nell'attività didattica con le scuole su progetti a tema archeologico e organizza conferenze informative sull'attività della missione di scavo a Nora. La biblioteca archeologica è consultabile su richiesta. È attivo il bookshop. Si distribuiscono dépliant gratuiti. Non esistono barriere architettoniche. Esiste un percorso tattile con didascalie in Braille.
L'antica città di Nora è collocata su un promontorio, il capo di Pula, separato dalla terraferma da un istmo che si estende in due punte: Sa Punta 'e Su Coloru e la Punta del Coltellazzo, di fronte all'isoletta omonima. L'antichità della fondazione di Nora è sostenuta dalla nota omonima stele, datata al IX-VIII secolo a.C., dov'è menzionato per la prima volta il nome della Sardegna: "Shrdn". Tuttavia, la fase abitativa più antica finora attestata risale al VII secolo a.C. ed è documentata da alcuni livelli messi in luce negli scavi tuttora in corso, al di sotto del foro romano di età cesariana.
I quartieri abitativi dell'insediamento fenicio si articolano in due gruppi principali: il primo adiacente alla spiaggia. Il secondo gruppo è quello dell'altura di Tanit. Tra il teatro e l'altura di Tanit sorge un tempio anonimo le cui strutture a primo impatto sembrerebbero di età romana, ma che ad un'attenta analisi mostrano caratteristiche, relative all'orientamento e alla pianta, che riconducono all'età punica. La conformazione del promontorio su cui sorge Nora ha favorito sin dalla sua nascita l'utilizzo di diversi approdi temporanei utilizzabili a seconda dei venti, anche se il porto era collocato nell'insenatura: qui, grazie alle prospezioni subacquee, sono stati individuati i resti delle banchine e dei moli. Con la conquista romana della Sardegna, avvenuta nel 238 a.C., si innescò il processo di romanizzazione dell'isola. Ad informarci esplicitamente sullo statuto acquisito dalla città di Nora è l'iscrizione di una base di statua dedicata a Quintus Minucius Pius, che attribuisce a questo personaggio il titolo di "quattorvir iure dicundo": ciò dimostra che Nora aveva raggiunto il rango di "municipium" certamente nella prima metà del I secolo d.C. (è questa la datazione della base), ma probabilmente già in età augustea. Le strutture oggi visibili sono pertinenti in prevalenza proprio a questa fase. Fu infatti a partire dal I secolo d.C. che Nora conobbe un notevole sviluppo urbanistico ed una crescita della presenza umana nel suo territorio, come attestano le ville, le necropoli e i villaggi messi in luce dalla ricerca archeologica.
Da Cagliari si segue la SS 195 per Teulada sino al km 27, dove si svolta a sinistra per Pula. Attraversato il centro abitato e imboccata la via Nora si arriva all'area archeologica dopo 3 km.
Indirizzo: località Nora, Pula; telefono 070 921470/92440304
Gestione: Soc. Coop Tur
e-mail: patrizia.melis@comune.pula.ca.it [13] - cop.tur@tin.it [14]
Si percorre la SS 195 da Cagliari sino al km 27, fino a svoltare a s. per Pula. Si attraversa la cittadina e si imbocca la via Nora in direzione mare per 3 km. La basilica è all'interno dell'area archeologica di Nora.
Il contesto ambientale
La basilica è ubicata lungo la via, denominata G-H, che dal centro dell'antica città fenicio-punica di Nora conduce al porto. Dal mare emerge solo parte dell'aula, mentre l'abside è sommersa.
Descrizione
Al momento della messa in luce, l'edificio fu erroneamente interpretato come pertinente alle strutture portuali. Studi più approfonditi hanno dimostrato che, in realtà, si tratta di una grande basilica con funzione cultuale.
Per la sua messa in opera furono obliterati ambienti preesistenti, ancora parzialmente individuabili sotto la navata centrale e il cui abbandono risalirebbe al 250 d.C. circa. Questa data costituisce, pertanto, il "terminus post quem" per la costruzione dell'edificio, che può essere collocato in un periodo di fermento edilizio che interessò tutta la città di Nora tra il IV ed il V secolo d.C.
La basilica è del tipo a tre navate con unica abside, precedute da un nartece che si affaccia sulla via G-H. Le dimensioni sono notevoli: 33 x 22 m. Il pavimento delle navate e del nartece era lastricato con uno strato sottile di cocciopesto, di fattura non accurata, visto che poggiava direttamente su un battuto di terra. Tra il nartece e le navate vi era una soglia in andesite. I muri esterni avevano uno spessore esiguo, inadatto a sorreggere una volta come copertura, che invece doveva essere a capriate con doppio spiovente. I muri esterni della basilica e le sue fondazioni sono stati realizzati con blocchi di riutilizzo provenienti da altri edifici. La strada si trova ad un livello più basso rispetto a quello dell'edificio. È lecito pensare, pertanto, che si accedesse alla basilica mediante dei gradini, anche se lo stato delle strutture è lacunoso e non consente certezze.
Storia degli studi
Negli anni sessanta del secolo scorso fu scavata per la prima volta; le indagini sono riprese negli anni 1990-98.
Bibliografia
G. Bejor, "Una basilica a Nora", in [i]Atti del I Convegno di Archeologia Medievale[/i], Firenze, 1998, pp. 251-253;
P.G. Spanu, [i]La Sardegna bizantina tra VI e VII secolo[/i], collana "Mediterraneo tardoantico e medievale. Scavi e ricerche" , Oristano, S'Alvure, 1998, pp. 38-47;
G. Bejor, "La basilica presso le Grandi Terme", in [i]Ricerche su Nora-I (anni 1990-1998)[/i], a cura di C. Tronchetti, Cagliari, 2000, pp. 173-176.
Da Cagliari si segue la SS 195 per Teulada sino al km 27, dove si svolta a s. per Pula. Attraversato il centro abitato e imboccata la via Nora si arriva all'area archeologica dopo 3 km.
Il contesto ambientale
Nora è collocata su un promontorio, il Capo di Pula, separato dalla terraferma da un istmo che si estende in due punte: a O Sa Punta 'e Su Coloru (la punta del serpente), a E la Punta del Coltellazzo, di fronte all'isoletta omonima. L'area è dominata dalla torre spagnola del Coltellazzo, in una posizione di grande valore paesaggistico.
Descrizione
Con la conquista romana della Sardegna, avvenuta nel 238 a.C., si innescò il processo di romanizzazione dell'isola. Tale processo, avvenuto non in modo automatico ma scandito da una complessa articolazione in fasi, fu agli inizi fortemente condizionato dal profondo radicamento della cultura fenicio-punica.
Questa situazione è riscontrabile anche nell'impianto urbanistico dei centri urbani isolani, rimasto a lungo improntato al preesistente schema punico. Ad informarci esplicitamente sullo statuto acquisito dalla città di Nora è l'iscrizione di una base di statua dedicata a Quintus Minucius Pius, che attribuisce a questo personaggio il titolo di "quattorvir iure dicundo": ciò dimostra che Nora aveva raggiunto il rango di "municipium" certamente nella prima metà del I secolo d.C. (è questa la datazione della base), ma probabilmente già in età augustea. La base fu rinvenuta nell'area del foro, dove era stata riutilizzata come elemento del lastricato stradale.
Il reperimento delle notizie archeologiche relative alla prima fase della storia di Nora romana è reso piuttosto complesso dall'intensa frequentazione urbana che interessò la città, soprattutto in età imperiale, modificandone inevitabilmente l'originario assetto.
Le strutture oggi visibili sono pertinenti in prevalenza proprio a questa fase. Fu infatti a partire dal I secolo d.C. che Nora conobbe un notevole sviluppo urbanistico ed una crescita della presenza umana nel suo territorio, come attestano le ville, le necropoli e i villaggi messi in luce dalla ricerca archeologica.
Fra il II ed il III secolo d.C. la città raggiunse un notevole grado di sviluppo urbano e di traffici commerciali, mentre iniziò il suo declino nella seconda metà del V secolo d.C., come documentano gli edifici di questo periodo dove si riscontra il reimpiego di materiale da costruzione ricavato da strutture in disuso.
Gli scavi in corso stanno comunque progressivamente restituendo informazioni preziose sia sulle fasi tarde, sia sulla Nora repubblicana, sia infine sulle precedenti fasi punica e fenicia.
La città appare oggi disposta grosso modo al centro di quella sorta di triangolo definito dal promontorio del Capo di Pula a S la Punta del Coltellazzo a E e a N dall'istmo che collega la penisola all'entroterra (nel punto di minima larghezza misura 80 m). Nel lato superiore del triangolo, orientato secondo l'asse O/E, si incontrano in successione diverse aree abitative, le "piccole terme", il "macellum/horreum", il cosiddetto "tempio di Tanit" e, a chiusura del lato, il teatro e il foro. Proseguendo oltre il foro, verso l'altura del Coltellazzo, si arriva in un'area che gli scavi in corso hanno ormai con sufficiente grado di certezza consentito di definire sacra.
Volgendo ora verso il lato che collega la Punta del Coltellazzo con il Capo di Pula si trovano altre importanti strutture: le "terme centrali", altre aree abitative e, in chiusura di lato, il tempio di Eshmun-Esculapio. Sul restante lato che collega il Capo di Pula con l'area a N, attualmente sotto il controllo militare, si incontrano una rilevante area residenziale, le "terme a mare" e, in chiusura, la basilica cristiana.
Sulla base delle evidenze archeologiche, l'ubicazione più plausibile del porto sembra essere quella del golfo naturale trasformato in peschiera nel 1957.
Da Cagliari si segue la SS 195 per Teulada sino al km 27, dove si svolta a s. per Pula. Attraversato il centro abitato e imboccata la via Nora si arriva all'area archeologica dopo 3 km.
Il contesto ambientale
Nora è collocata su un promontorio, il capo di Pula, separato dalla terraferma da un istmo che si estende in due punte: a O Sa Punta 'e Su Coloru (la punta del serpente), a E la Punta del Coltellazzo, di fronte all'isoletta omonima. L'area è dominata dalla torre spagnola del Coltellazzo, in una posizione di grande valore paesaggistico.
Descrizione
Le testimonianze della città arcaica sono state in parte coperte o cancellate dalla sistemazione della città avvenuta in età romana, mentre altri danni sono stati causati dal bradisismo positivo che interessa tutta la costa circostante.
L'antichità della fondazione di Nora è sostenuta dalla nota omonima stele, datata al IX-VIII secolo a.C., dov'è menzionato per la prima volta il nome della Sardegna: "Shrdn". Tuttavia, la fase abitativa più antica finora attestata risale al VII secolo a.C. ed è documentata da alcuni livelli messi in luce negli scavi tuttora in corso, al di sotto del foro romano di età cesariana.
I quartieri abitativi dell'insediamento fenicio si articolano in due gruppi principali: il primo adiacente alla spiaggia S/E, la cui antichità è testimoniata da frammenti di ceramica di produzione rodia, protocorinzia e nuragica riutilizzati nei riempimenti di età successiva. Il secondo gruppo è quello dell'altura di Tanit, denominato impropriamente "kasbah" per il suo impianto caotico, eretto in età romana, che si estende a d. della strada alle spalle del teatro, e che sembrerebbe rappresentare la massima irradiazione verso N del centro fenicio-punico originario. I moduli costruttivi, come i muri cosiddetti "a telaio", le cisterne "a bagnarola" e l'impianto a porticato delle abitazioni, mostrano la sopravvivenza in età romana di tecniche costruttive di tradizione fenicia e punica.
Tra il teatro e l'altura di Tanit sorge un tempio anonimo le cui strutture a primo impatto sembrerebbero di età romana, ma che ad un'attenta analisi mostrano caratteristiche, relative all'orientamento e alla pianta, che riconducono all'età punica. Un altro edificio religioso riferibile alla fase arcaica della città è localizzato sull'altura di Tanit, ed ebbe varie fasi di utilizzo impostate su alcuni resti murari di età nuragica, anche se le testimonianze legate all'uso cultuale risalgono all'età punica. Del santuario è rimasto un basamento con pietrame legato con malta di fango e alcuni grandiosi blocchi angolari che riportano alla tradizione templare fenicia.
Un altro luogo di culto punico è situato nell'estremità S/O della penisola (Sa Punta 'e Su Coloru). È costituito da una roccia con delle piccole cavità probabilmente destinate a contenere le offerte alla divinità. Un architrave in arenaria rinvenuto nell'area, decorato da un fregio di serpenti urei sormontante un disco solare alato, apparteneva a una edicola del tempio. Ad E di questo complesso sorgeva il "tempio di Eshmun", il cui culto in età romana è ricalcato da quello di Esculapio.
La necropoli fenicia, utilizzata tra il VII e il V secolo a.C., era situata al centro dell'istmo, non lontano dal tofet; mentre le due necropoli puniche si trovavano lungo la costa dello stesso istmo. La tipologia tombale più diffusa nella prima età punica è quella a pozzo, mentre in età ellenistica sono documentate anche le ciste litiche. L'uso della necropoli punica si colloca tra il V e il III secolo a.C.
Il tofet cittadino, impiantato nel IV secolo a.C., era situato nella spiaggia alle cui spalle sorse più tardi la chiesa di Sant'Efisio (reimpiegando almeno una stele di quelle che accompagnavano le sepolture).
La conformazione del promontorio su cui sorge Nora ha favorito sin dalla sua nascita l'utilizzo di diversi approdi temporanei utilizzabili a seconda dei venti, anche se il porto era collocato nell'insenatura N/O: qui, grazie alle prospezioni subacquee, sono stati individuati i resti delle banchine e dei moli.
Area archeologica di Nora [17]
Vedi la pianta e le sezioni dei monumenti [18]
Storia degli scavi
I primi interventi sul sito, nel 1889, riguardarono il tofet, mentre negli anni successivi furono scavate le necropoli puniche e romane e piccole parti dell'abitato. Dopo altri modesti interventi, tra il 1952 e il 1960, Gennaro Pesce mise in luce buona parte dell'abitato romano. Dal 1990 il sito è interessato da scavi sistematici continuativi da parte di un gruppo di Università.
Bibliografia
G. Patroni, "Nora. Colonia fenicia in Sardegna", in [i]Monumenti Antichi dell'Accademia dei Lincei[/i], 14, 1904, coll. 39-268;
P. Bartoloni-C. Tronchetti, [i]La necropoli di Nora[/i], collana "Collezione di Studi Fenici", 12, Roma, 1981;
S. Moscati, [i]Italia punica[/i], Milano, Rusconi, 1986;
C. Tronchetti, [i]Nora[/i], collana "Sardegna archeologica. Guide e Itinerari", Sassari, Carlo Delfino, 1986 [20];
[i]Ricerche su Nora-I (anni 1990-1998)[/i], a cura di C. Tronchetti, Cagliari, Sainas, 2000.
Si lascia il paese di Pula e si percorrono circa 3 km lungo la strada che conduce al litorale. Sulla s., a ridosso della spiaggia e poco prima dell'ingresso agli scavi di Nora, sorge la chiesa di Sant'Efisio.
Il contesto ambientale
La chiesa, praticamente in riva al mare, fu costruita nella zona cimiteriale extraurbana della città fenicio-punica di Nora, dov'erano il tofet e una necropoli. Corrisponde al sito in cui secondo la tradizione fu martirizzato Sant'Efisio, guerriero romano convertitosi al cristianesimo. Qui fu edificato in epoca altomedievale un primo santuario, completamente ricostruito in età giudicale. È il luogo di arrivo della processione devozionale che ai primi di maggio onora il martire Efisio conducendolo qui dall'omonima chiesa cagliaritana di Stampace, dove dimora per il resto dell'anno.
Descrizione
La chiesa di Sant'Efisio deve il suo fascino ambientale al contrasto fra la calda arenaria di costruzione e i colori del mare che lambisce la spiaggia, e quello architettonico alla suggestione arcaica emanata dall'interno, dove ancora si respira un'atmosfera pregna di devozione.
Dal piano pavimentale del presbiterio emerge una struttura cupolata, accessibile oggi dalla cripta, nella quale si è proposto di riconoscere i resti del martyrium altomedievale in cui il santo trovò sepoltura, prima che le sue reliquie fossero traslate a Pisa.
Il santuario fu ricostruito ex novo in forme protoromaniche, dopo che il giudice cagliaritano Costantino Salusio II de Lacon Gunale nel 1089 donò il Sant'Efisio all'abbazia benedettina di San Vittore di Marsiglia. Probabilmente il cantiere fu affidato da un architetto di formazione catalana. La chiesa fu edificata in conci di arenaria e calcare di pezzatura massima, recuperati dalle mura dell'antica Nora. Nel fianco S venne riutilizzata una stele funeraria fenicio-punica.
La pianta è a tre navate, tutte con volte a botte irrobustite da sottarchi. Le navate sono divise da arcate che si impostano su robusti pilastri. L'abside, disposta a S/E, è priva di monofore, pertanto la luce penetrava solo da quelle aperte lungo i fianchi.
La facciata romanica si trovava dove oggi si innalza il superstite campanile a vela, ma fra il XVII e il XVIII secolo fu sfondata e le fu addossato un atrio porticato.
La spiaggia è composta da granelli di sabbia grigia con riflessi rosa, mentre l'acqua ha basse profondità, meta ideale per famiglie con bambini. La zona è battuta dal vento è adatta e amata dai surfisti e da chi pratica la pesca subacquea o semplicemente per chi vuole immergersi per ammirare il fondo marino.
La spiaggia è raggiungibile percorrendo da Cagliari la Strada Statale 195, seguendo le indicazioni per l'abitato di Santa Margherita.
Ricca di servizi, è accessibile ai diversamente abili, è dotata di ampio parcheggio adatto anche ai camper; sono presenti hotel, bar, ristorante ed è possibile noleggiare ombrellone, sdraio e pattino.
Chia si raggiunge da Cagliari seguendo la SS 195 sino al km 44,5 dove si devia per Capo Spartivento-Capo Malfatano. Per arrivare alla torre si lascia Chia e si raggiungere il bivio da cui si dirama il breve tronco (km 0,7) che porta alla spiaggia. Da qui, a piedi, si sale sul promontorio attraverso un sentiero di circa 20 m.
Il contesto ambientale
La torre è costruita sull'acropoli dell'abitato punico-romano di Bithia. Sorvegliava soprattutto la zona verso S, verso la spiaggia di Chia, ideale per il rifornimento dell'acqua, e teneva sotto controllo un territorio molto esposto allo sbarco dei pirati grazie alla presenza di numerose spiagge. Dalla torre non è però possibile vedere le altre torri costiere, per cui l'amministrazione aveva predisposto due posti di vedetta e trasmissione dei messaggi nelle punte dette Guardia Grande a N/E e Las Cannas sul Capo Spartivento a S/O.
Descrizione
La torre nasce per volontà del viceré De Moncada nel 1578, con il compito di difendere la foce del Rio di Chia, che rappresentava una fonte di approvvigionamento idrico per i pirati, contrariamente alla valutazione del capitano Camos (1572). Nel 1592 la torre è detta de "I Santi de Quaranta de Quia", forse per la presenza di una chiesa altomedioevale dedicata ai quaranta martiri di Sebaste. Prima della costruzione del baluardo (1572), l'area era detta anche "la guardia maestra".
Già nel 1594 la torre era operativa. Fu una "torre de armas", sempre munita di cannoni del calibro di 6 e 8 libbre ed una guarnigione di 5 persone, più altre due per ciascuna delle due "guardie morte" (cioè le postazioni di vedetta mobili, senza torre).
Ha un'altezza di circa 13 m e un diametro di oltre 10 m. Secondo uno schema collaudato e diffuso nell'intero settore S/O, presenta una zoccolatura di base molto pronunciata e all'interno del primo piano la volta è sostenuta da una massiccia colonna centrale. La struttura non poteva contenere più di 5 uomini; infatti, gli uomini delle vedette di Las Cannas e di capo Spartivento, che di notte riparavano nella torre, erano costretti a dormire nel terrazzo sotto la mezzaluna (tettoia di canne e coppi sovrastante la terrazza all'aperto, così detta per la forma a semicerchio).
L'ingresso si apriva a circa 5 m dal suolo in direzione N. Lo spessore murario è di circa 2,5 m d'ampiezza, nel cui interno si sviluppa la scala di accesso al terrazzo, costruita in gradini di pietra e coperta in origine con tavole di ginepro. Le mura esterne sono caratterizzate, come le torri di San Macario e del Coltellazzo, da conci di arenaria calcarea ben squadrati, provenienti dall'antica città di Bithia, e da ciottoli arrotondati.
Nel 1605 si ha notizia dei primi restauri. Nel 1614 la torre - essendo "alcaide", (comandante della torre) Leonardo Lucio Obino - aveva subito un incendio probabilmente ad opera dei barbareschi che ne assaltarono gli spalti. Nella piazza d'armi sono visibili le tracce di tre cannoniere e di due garitte lignee, che proteggevano i boccaporti e di cui si ha notizia dal 1767.
In epoca sabauda la guarnigione scese a tre torrieri più l'artigliere e l'alcaide. Nel 1720 la fortezza era in buono stato. Durante questi anni la torre mantenne la sua importanza e la sua presenza favorì la nascita, nel XVIII secolo, dell'abitato di Domus de Maria. Nel settembre del 1769 l'ingegnere Perin e il misuratore Girolamo Massey preparano un intervento di restauro per le torri di Chia e del Coltellazzo, ma le stesse ne 1773 ebbero bisogno di altri lavori secondo la relazione del misuratore Viana. Un intervento fu realizzato nel 1784, ma già nel 1786 l'alcaide lamentava che la nuova santabarbara fosse già diroccata. Altri lavori furono effettuati con cadenza periodica dal 1806; successivamente nel 1818 dall'architetto Girolamo Melis e nel 1840 dal mastro Rafaele Fadda. Dopo la dismissione, conseguente alla fine dell'Amministrazione delle Torri, fino agli anni '50 del XX secolo, la Torre di Chia fu utilizzata dalla Guardia di Finanza, per contrastare il contrabbando. Nel 1988 e all'inizio degli anni '90 ha subito un pesantissimo restauro.
Storia degli studi
La torre è compresa nelle principali opere sulle fortificazioni costiere in Sardegna.
Bibliografia
E. Pillosu, [i]Le torri litoranee in Sardegna[/i], Cagliari, Tipografia La Cartotecnica, 1957;
E. Pillosu, "[i]Un inedito rapporto cinquecentesco sulla difesa costiera di Marco Antonio Camos[/i]", in Nuovo Bullettino Bibliografico Sardo e Archivio delle tradizioni popolari, V, 1959;
F. Fois, [i]Torri spagnole e forti piemontesi in Sardegna[/i], Cagliari, La Voce Sarda, 1981;
G. Montaldo, [i]Le torri costiere in Sardegna[/i], Sassari, Carlo Delfino, Sassari 1992;
G. Montaldo, "Forti e Torri Costiere", in [i]Le Architetture fortificate della Sardegna centro-meridionale. Atti della Giornata di Studio[/i], Cagliari 16 ottobre 1999;
M. Rassu, [i]Guida alle torri e forti costieri[/i], Cagliari, Artigianarte, Cagliari 2000.
Le Dune di Campana si trovano nella località Chia del comune di Domus de Maria. È unita a numerose altre spiagge che si distendono fino a Capo Spartivento. La spiaggia ha un fondo di sabbia finissima e bianca, arricchita dalla presenza di gigli di mare, che la rendono quasi abbagliante, e da ginepri secolari. Ma la vera peculiarità è l'altezza delle sue dune, che raggiungono 20 metri.
La spiaggia è raggiungibile attraverso la ''Costa del sud'', strada panoramica caratterizzata dalle numerose discese alle diverse spiagge della zona: per raggiungere Campana Dune è necessario svoltare a sinistra al bivio per Capo Spartivento e seguire i cartelli.
Ricca di servizi, è accessibile ai diversamente abili, è dotata di ampio parcheggio, hotel, bar, ristorante, campeggio e ha un basso fondale che rende sicuro il gioco dei bambini. Battuta dal vento, è meta ideale per i surfisti ed è amata da chi pratica la pesca subacquea o le immersioni.
Situata in una splendida insenatura tra Capo Malfatano e Capo Spartivento, è considerata una delle più belle spiagge della Sardegna per la sua sabbia chiara e finissima e per il colore trasparente del mare, che richiama un paesaggio caraibico. Intorno all'arenile si stende la macchia mediterranea, mentre proprio di fronte è situato l'isolotto omonimo, a qualche centinaio di metri dalla riva, raggiungibile con una nuotata di pochi minuti. L'isolotto di Tuerredda, dove predomina il grecale, è un piccolo mondo nel quale è possibile trascorrere qualche ora distesi sulla sabbia o sulle rocce calde e levigate. Il limpidissimo fondale, che degrada dolcemente raggiungendo la profondità di qualche metro nei pressi dell'isolotto, con acque che mantengono temperature costanti e non molto elevate, è l'ambiente ideale per lunghe nuotate. Lungo la costa si alternano tratti dolci e aspri come una sequenza di piccoli arenili, separati da lingue di rocce.
Partendo da Cagliari si percorre la Strada Statale 195 in direzione Teulada. Si svolta a destra per la località Chia e si prosegue ancora per una decina di chilometri, fino ad arrivare alla spiaggia, ben segnalata.
I servizi offerti comprendono un chiosco-bar, il ristorante, il parcheggio a pagamento, alcune attrezzature balneari da spiaggia, oltre al noleggio di canoe e pedalò e alla possibilità di effettuare escursioni in gommone.
Piscinnì si trova nell'omonima località nel comune di Domus de Maria. Il nome deriva dalla Torre spagnola di avvistamento, che si trova in un promontorio vicino alla spiaggia. Inserita nel tratto di costa definito "a rias" per la sua rapida evoluzione da un paesaggio all'altro, dalla sabbia bianchissima alle alte scogliere d'argilla e granito, la spiaggia di Piscinnì si presenta con un fondo di ghiaia sottile e scogli; i fondali sono molto profondi.
La spiaggia è raggiungibile percorrendo la ''Costa del sud'', strada panoramica caratterizzata dalle numerose discese alle diverse spiagge della zona, ma per raggiungere Cala Torre Piscinnì, che non risulta segnalata, è necessario seguire i cartelli che indicano la torre d'avvistamento e scendere lungo un sentiero.
Non sono presenti servizi, è battuta dal vento e per questo è meta ideale per i surfisti. Amata da quanti praticano la pesca subacquea o le immersioni.