Le bellezze archeologiche della costa sud ovest della Sardegna nella provincia di Crabonia-Iglesias
Sant'Antioco sorge sull'omonima isola, a sud ovest della Sardegna, e si affaccia nel bellissimo Golfo di Palmas.
La città è caratterizzata da importanti insediamenti archeologici come i monumentali menhir Sa Mongia e Su Para, le domus de janas, le tombe dei giganti Su Niu e Su Crobu, a cui si associano bellissime spiagge come Maladroxia e Co’e Quaddus, le calette rocciose di Cala Sapone e Cala Lunga, e, per gli amanti della pesca subacquea, il paradiso delle isole Vacca e Toro, con acque cristalline e trasparenti.
Oltre al suo prezioso patrimonio storico e paesaggistico, la città custodisce l’antico santuario di Sant’Antioco Martire, patrono della Sardegna, cui è dedicata l’antica festa che si svolge con la sfilata di costumi tradizionali che accompagna la processione del 23 aprile.
Di particolare interesse è la visita al Museo etnografico che conserva gli usi e i costumi dell’isola e il Museo Archeologico Ferruccio Barreca che custodisce la storia della città con numerosi reperti di origine fenicio-punica.
Sulky sorgeva nel luogo dell'odierna Sant'Antioco, nell'omonima isola. I resti dell'insediamento arcaico sono costituiti da una sovrapposizione di ambienti rettangolari e quadrangolari, secondo uno schema ortogonale semplice. L'insediamento di Sulky venne penalizzato dalla conquista cartaginese dell'isola, anche se, dal IV secolo a.C. sono numerosi i resti di età punica che ne attestano la ripresa economica e il rinnovato ruolo di capoluogo di una regione ampia e fittamente popolata.
Nel IV sec. a.C. si colloca lo sviluppo della cinta muraria fortificata, completata da alcune torri, una porta a vestibolo con due leoni monumentali e una sorta di fortilizio ubicato nella zona del tofet. Proprio il tofet, situato all'estremità settentrionale dell'abitato, in località Guardia de Is Pingiadas, costituisce uno degli elementi di continuità di vita più significativo della storia dell'antica colonia. Infatti, il primo impianto del santuario è da collegarsi al primo periodo di vita dell'insediamento, con il rinvenimento di oggetti di derivazione nuragica, sintomo di un integrazione pacifica del popolo levantino con le genti locali. La necropoli punica di Sulky è attualmente una delle importanti del Mediterraneo, con un numero di tombe molto esteso (circa 1500), la cui cronologia va dai primi anni del V alla fine del III sec. a.C. La necropoli fu ampiamente riutilizzata in età romana.
Della fase repubblicana sono un tempio e un monumento noto con il nome di "Sa Presonedda": un piccolo mausoleo a struttura piramidale, in grandi blocchi squadrati, databile al II sec. a.C.
La svolta nella storia urbanistica di Sulci si colloca nel passaggio dalla fase repubblicana alla fase imperiale, e in particolare il momento (con ogni probabilità da collocare intorno al 48 d.C.) in cui Sulci acquisì il rango di "municipium" e i suoi cittadini vennero iscritti nella tribù Quirina.
Lo scavo dell'area del Cronicario ha messo in luce due isolati di case realizzate nel I sec. d.C. e abbandonate circa un secolo dopo. Il foro della città doveva essere localizzato nel sito di Su Narboni. Nel 1984 furono identificati i resti dell'anfiteatro del II sec. d.C.
Partendo dalla SS 130 in prossimità di Iglesias, si percorre la strada in direzione di Sant'Antioco attraverso la SP 126. Oltrepassati Carbonia e San Giovanni Suergiu, si prosegue fino a raggiungere l'isola di Sant'Antioco, collegata alla terraferma da un ponte.
Telefono: 0781 800596; 3897962114
Gestione: ATI tra Archeotur coop a r.l., via U. Foscolo, e Coop Studio 87, Sant'Antioco
Sito Internet: www.archeotur.it [12] - www.comune.santantioco.ca.it [13]
e-mail: tofet@tiscalinet.it [14]; info@archeotur.it [15]
L'insediamento nel Monte Sirai si trova a pochi chilometri da Carbonia, su un pianoro vulcanico che permetteva di controllare gli accessi dal mare, con le isole circostanti e la pianura sino ai monti.
Il sito frequentato fin dal neolitico e in epoca nuragica, diventa, attorno al 750 a.C. sede di un insediamento fenicio. La sommità del monte ospitava i quartieri d'abitazione e gli edifici pubblici dei quali il più importante era certamente il tempio di Astarte e la necropoli ad incinerazione.
Attorno al 520 a.C. la città fu completamente distrutta ad opera dei Cartaginesi e ripopolata, con la dotazione del centro abitato di una cinta muraria.
La città di Monte Sirai si pone come strumento fondamentale per una maggiore conoscenza della civiltà fenicia e punica poiché il centro abitato, completo in ogni sua fondamentale componente, è privo di sovrapposizioni più tarde.
Dalla SS 130 da Iglesias si prende la SP 126 in direzione di Sant'Antioco. Oltrepassato lo svincolo per Carbonia, al km 17 si svolta a destra e si seguono le indicazioni. La strada prosegue lungo il fianco del monte fino al pianoro sommitale.
Telefono: 0781 62665
Sito internet: www.comune.carbonia.ca.it [17]
e-mail: villasulcis@libero.it [18] - mstorica@tiscalinet.it [19]
Dalla SS 130 da Iglesias si prende la SP 126 in direzione di Sant'Antioco. Oltrepassato lo svincolo per Carbonia, al km 17 si svolta a d. e si seguono le indicazioni. La strada prosegue lungo il fianco del monte fino al pianoro sommitale. L'area archeologica è dotata di strutture ricettive e ampio parcheggio.
Il contesto ambientale
L'insediamento sorge a pochi chilometri dalla costa, su un pianoro a 191 m s.l.m. È in posizione strategica, di controllo del bacino minerario dell'Iglesiente e della valle del Cixerri, raccordo tra il Sulcis e le fertili pianure del Campidano.
Descrizione
Le prime tracce di vita si estendono dal Neolitico all'età nuragica.
Come centro urbano, forse fondato dai Fenici di Sulky o di Portoscuso, Monte Sirai risulta stabilmente abitato già attorno al 730 a.C. L'insediamento subcostiero si trova in una regione ricca di risorse minerarie e a diretto contatto con numerosi insediamenti nuragici.
Il periodo propriamente fenicio (VIII-VI secolo a.C.) risulta documentato in ambito sia abitativo sia funerario.
Sull'acropoli sono state indagate alcune abitazioni, tra cui la "casa del lucernario di Talco", che restituiscono l'immagine di un florido centro che si consolida tra VII e VI secolo a.C., quando il tessuto urbano raggiunge dimensioni considerevoli.
Le abitazioni, edificate su quattro isolati disposti in senso longitudinale, erano costituite da vani articolati attorno ad una corte centrale, vero fulcro di tutte le attività domestiche. La presenza di piani sopraelevati, di muri intonacati e di canalizzazioni per il deflusso delle acque evidenziano la perizia delle tecniche costruttive.
Un santuario con cella bipartita dedicato alla dea Astarte (la cui statua di culto si conserva nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari) venne edificato riutilizzando in parte alcune precedenti strutture di un nuraghe monotorre.
Nell'area della necropoli alcune tra le numerose sepolture ad incinerazione e alcune inumazioni si riferiscono ad individui infantili e di sesso femminile. Questo fatto, come pure la totale assenza delle armi tra gli elementi di corredo delle sepolture maschili, sembrano indicare come l'insediamento sia stato concepito principalmente per un uso civile.
Questo contrariamente alla funzione militare e di centro fortificato, proposta in passato per Monte Sirai, che è stata ormai definitivamente ricondotta ad una breve parentesi nell'intera storia dell'insediamento. Infatti le mura di Monte Sirai furono erette attorno ai primi anni del IV secolo a.C. (375 a.C.) e durarono in opera fino allo smantellamento seguito alla conquista romana del 238 a.C. Gli eventi storici che segnarono la fase di passaggio alla dominazione punica hanno lasciato tangibili tracce in termini di stratificazione archeologica. Infatti, alla fine del VI secolo a.C. le tipologie tombali mutarono radicalmente con l'introduzione dell'inumazione in sepolcri ipogei con corto "dromos" d'accesso.
Nel settore abitativo si sono riscontrate cospicue tracce di distruzione nei livelli di vita della seconda metà del VI secolo a.C., attribuibili all'offensiva cartaginese. Durante i primi anni del V secolo a.C. si assiste, pertanto, ad una fase di recessione economica che si traduce in un forte ridimensionamento del tessuto abitativo che comporta il totale abbandono di aree in precedenza utilizzate anche per scopi abitativi.
In seguito, nel corso del IV secolo a.C. si registra una sostanziale ripresa con l'apprestamento delle fortificazioni e l'installazione del "tofet", mentre nel corso della prima metà del III secolo a.C. il notevole sviluppo urbanistico comportò una rivitalizzazione di aree in precedenza defunzionalizzate.
Il definitivo abbandono del pianoro avvenne verso la fine del II secolo a.C. (110 a.C.), probabilmente a causa della repressione dell'attività di brigantaggio ad opera degli eserciti romani. Questo sembrerebbe suggerito dalla totale assenza di piccoli oggetti negli ultimi livelli di vita dell'abitato in cui sussistono unicamente i manufatti di grandi dimensioni, chiaro sintomo di un abbandono repentino. Le ultime tracce di una sporadica frequentazione del pianoro sono costituite da una moneta del IV secolo d.C. rinvenuta nell'area del tofet e da un reperto ceramico del VII secolo d.C. dalla cisterna del tempio sull'acropoli.
Area archeologica di Monte Sirai [21]
Vedi la pianta e le sezioni del monumento [22]
Storia degli studi
Gli scavi archeologici, iniziati nel 1963 da Sabatino Moscati e Ferruccio Barreca, sono tuttora in corso a cura di Piero Bartoloni.
Bibliografia
P. Bernardini, "Le origini di Sulcis e Monte Sirai", in [i]Studi di egittologia e di antichità puniche[/i], 4 , 1989, pp. 45-66;
P. Bartoloni, "Monte Sirai: genesi di un insediamento", in Incontro "I Fenici", Cagliari, Regione Autonoma della Sardegna, 1990, pp. 31-36;
P. Bartoloni-S.F. Bondì-L.A. Marras, [i]Monte Sirai[/i], collana " Itinerari" , Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1992;
P. Bartoloni, "L'impianto urbanistico di Monte Sirai nell'età repubblicana", in [i]Atti del X Convegno di studio "L'Africa Romana"[/i] (Oristano, 11-13 dicembre 1992), Sassari, Gallizzi, 1994, pp. 817-829;
P. Bartoloni, [i]La necropoli di Monte Sirai[/i], Roma, Istituto per la civiltà fenicia e punica, 2000;
[i]Monte Sirai. Le opere e i giorni[/i], a cura di P. Bernardini, C. Perra, Carbonia, 2001;
P. Bartoloni, "Monte Sirai 1999-2000. Nuove indagini nell'insula B", in [i]Rivista di Studi Fenici[/i], 30, 2002, pp. 41-46;
P. Bartoloni, Monte Sirai, collana "Sardegna archeologica. Guide e Itinerari", Sassari, Carlo Delfino, 2004. [23]
Percorrere la SS 126 Carbonia-Iglesias e, all'altezza di Bacu Abis, svoltare a sinistra per Portoscuso e procedere per qualche chilometro ancora.
Il contesto ambientale
Il complesso si trova in sito campestre.
Descrizione
Il complesso di Seruci, che si estende per oltre sei ettari, è costituito da un nuraghe complesso, un antemurale, un esteso villaggio di capanne e almeno una tomba di giganti, ubicata sulla collina prospiciente.
Il nuraghe, in fase di scavo, ridotto ad un cumulo di macerie che si eleva per circa 14 m di altezza sul piano di campagna, era sicuramente un nuraghe complesso (forse pentalobato) con mastio centrale a tre celle sovrapposte, circondato da antemurale turrito.
Il villaggio si compone di oltre un centinaio di capanne adagiate lungo un pendio sulla cui cima svetta la mole del nuraghe. Il Taramelli, che operò una prima campagna di scavo, mise in luce quattro capanne circolari. Fra queste, mostravano particolare interesse la capanna con bancone sedile alla base della pareti e nicchie sopraelevate entro le murature, e un'altra, cui era annesso un cortile rettangolare.
Gli interventi più recenti, concentrati nel margine SO dell'insediamento - su una superficie di mq 550 - hanno portato all'acquisizione planimetrica di oltre 50 vani di diversa tipologia che si distribuiscono in sei isolati. Gli isolati, di uguale estensione e medesimo impianto ad "anello", distinti ma al contempo interrelati, si dispongono per lo più a gruppi di tre.
Gli scavi hanno interessato finora un solo isolato, costituto da 14 ambienti disposti a sviluppo centripeto attorno ad un cortile centrale: una tipica struttura abitativa dell'ultima fase della civiltà nuragica, evoluzione dei semplici aggregati di capanne monocellulari.
La necropoli di Montessu situata in un anfiteatro trachitico naturale, è la più imponente ed estesa necropoli di domus de janas della Sardegna meridionale. Sono più di quaranta le tombe, di diversa grandezza e planimetria. Due domus sono significative sotto il profilo della simbologia religiosa neolitica. Una di queste presenta una protome taurina scolpita nella parete d'ingresso della cella, presenti altri simboli quali: occhi e seni della dea-madre e la falsa porta che indica il passaggio all'aldilà. L'altra tomba, presenta corna, di varia forma, alludenti al culto del dio-toro, scolpite nella volta e nel gradino nell' ingresso della domus. Le ceramiche ritrovate durante gli scavi attestano un lungo uso della necropoli, nel Neolitico finale e dall'Eneolitico recente al Bronzo antico.
Dalla SS 130 in prossimità di Iglesias, si percorre la strada in direzione di Carbonia. Si imbocca la SP 126, si oltrepassano Carbonia e San Giovanni Suergiu, si incrocia la SP 77 e si continua, imboccandola, fino ad arrivare a Tratalias. Dall'uscita del paese, dopo averlo attraversato, si prosegue sulla provinciale in direzione della SP 79, che porterà a Villaperuccio. Si attraversa il centro abitato, si imbocca la SP 80 in direzione di Narcao e, dopo il rio Mannu, a 1 km circa, si svolta a sinistra e si seguono le indicazioni per la necropoli.
Telefono: 0781 64040; 3383818283
Sito Internet: www.comune.villaperuccio.ca.it [26]
e-mail: matermed@tiscali.it [27] - tecnico.villaper@tiscalinet.it [28]
Iglesias sorge ai piedi della montagna del Marganai, nel versante sud-occidentale della Sardegna.
Abitata sin dai tempi dell’età nuragica, sono ancora visibili nei suoi dintorni i siti di Is Cadonis, Medau Mannu, Punta Sa Pannara, Santa Barbara, le domus de janas di San Benedetto, le tombe dei giganti di Genna Solu, Martiadas e il tempio di Serra Abis.
Da sempre è stata una città conosciuta per la sua attività mineraria. Oggi le sue miniere costituiscono un patrimonio archeologico industriale riconosciuto dall’UNESCO.
Iglesias è conosciuta per le innumerevoli chiese. Si consiglia di visitare la cattedrale di Santa Chiara, risalente al Tredicesimo secolo, ma anche le chiese della Madonna delle Grazie e di San Francesco, con il convento risalente al Sedicesimo secolo.
Di particolare interesse sono il Museo dell'Arte Mineraria e il Museo delle Macchine, contenenti grandi macchine da miniera. Sono visitabili con guida anche le diverse miniere, tra le quali Monteponi, San Giovanni e Masua.
Suggestivo è il complesso naturalistico del Monte Marganai, un bosco che custodisce una flora bellissima.
Il 15 agosto si festeggia l’Assunta, con la processione de I Candelieri.
Sempre nel mese di agosto si svolge il Torneo della Balestra e il caratteristico Corteo Medievale.
Iglesias partecipa alla manifestazione regionale Monumenti Aperti nel mese di maggio. I visitatori, guidati da gruppi, associazioni e scuole, possono visitare gratuitamente monumenti civili e religiosi, oltre ai principali siti minerari.
Si arriva a Iglesias dalla SS 130. Vari tratti di fortificazioni sono inglobati nel centro storico cittadino.
Il contesto ambientale
Iglesias si stende ai piedi del monte Marganai ed è nota per l'attività mineraria che l'ha contraddistinta nei secoli passati. Il territorio è ricco di siti archeologici che documentano la continuità inseditativa fin dall'epoca preistorica. La presenza della chiesa cruciforme di San Salvatore attesta la frequentazione in età bizantina. Il centro divenne importante soprattutto a partire dal XIII secolo, quando assunse fisionomia urbana col nome di "Villa Ecclesiae".
Descrizione
La storia urbana di Iglesias, inizialmente denominata "Villa Ecclesiae", è lunga è complessa. Insediamento fortificato pisano nel XIII secolo, fu smantellata di ogni apprestamento difensivo nel 1289, in seguito alla ribellione di Guelfo di Donoratico nei confronti della Repubblica di Pisa. Tuttavia la città, già amministrata per mezzo del "Breve di Villa di Chiesa", fu presto riportata alla piena efficienza: si sa che nel 1302 era sotto l'amministrazione di Pisa. Con l'arrivo delle truppe aragonesi nel 1323, unite a quelle del regno d'Arborea desiderose di espugnare i possessi pisani nell'isola, la situazione di Iglesias si fece difficile. Fu la prima città a fronteggiare l'attacco dei nemici, attirati anche dalle miniere d'argento di Villa di Chiesa. La resa alle truppe aragonesi arrivò il 14 gennaio 1324, dopo sette mesi di lotta. Divenuta feudo della famiglia Carròs, Iglesias si ritrovò in mezzo alla guerra tra le forze aragonesi e le truppe arborensi, scoppiata per il controllo dell'isola a metà del XIV secolo. Solo nel 1479, dopo più di un secolo di lotte, Iglesias entrò a far parte del patrimonio effettivo della Corona d'Aragona.
Da una serie di dispacci pervenuti nel 1308 al sovrano aragonese Giacomo II il Giusto si conosce abbastanza in dettaglio la tipologia di fortificazione di Iglesias. Il nucleo abitato era racchiuso da una cerchia di alte mura merlate, intervallate da 20 torri a formare una pianta poligonale; antistante la cortina di mura si trovava una palizzata di legno, con funzione di difesa, rafforzata da un fossato che serviva a tenere lontane truppe e macchine da guerra. Le mura avevano la peculiarità di essere realizzate con pietrame misto disposto in corsi orizzontali, creando una disomogeneità che garantiva grande resistenza agli attacchi.
L'accesso all'interno di Villa di Chiesa avveniva attraverso quattro porte: Porta Maestra, frontale alla strada per Cagliari, Porta Castello, oggi nelle vicinanze del cimitero, Porta Sant'Antonio, sulla strada per Fluminimaggiore, Porta Nuova, sulla strada per Gonnesa. Tra Porta Castello e Porta Sant'Antonio si trovava il colle di Salvaterra, dove fu eretto il castello. A causa degli eventi bellici che la videro coinvolta, la città di Iglesias con le sue mura fu più volte danneggiata e ricostruita con gli opportuni ammodernamenti. A tutt'oggi la cinta muraria medioevale è ben visibile per lunghi tratti.
Storia degli studi
Sulle mura di Iglesias si segnala anzitutto l'articolo di Foiso Fois dal titolo "La cinta medioevale e il castello di Salvaterra di Iglesias", pubblicato in prima battuta nel 1963 e poi inserito nel volume "Castelli della Sardegna medioevale". Del 1987 è il libro di Alfredo Ingegno, nel quale si dà puntualmente conto dei restauri. Di taglio storico i fondamentali lavori curati da Marco Tangheroni: "La città dell'argento" e "Studi su Iglesias medioevale".
Bibliografia
F. Fois, "La cinta medioevale e il castello di Salvaterra di Iglesias", in [i]Studi storici e giuridici in onore di Antonio Era[/i], Padova, 1963, pp. 170-178;
F. Fois, "Uno scrigno di storia. Il castello di Salvaterra di Iglesias", in [i]Almanacco di Cagliari[/i], 1979, senza pagine;
A.M. Oliva-O. Schena, "La seconda presa arborense di Villa di Chiesa nel 1391", in [i]Medioevo saggi e rassegne[/i], 9, 1984, pp. 119-134;
M.M. Costa, "Ufficiali di Pietro il Cerimonioso a Villa di Chiesa", in [i]Studi su Iglesias Medioevale[/i], Pisa, 1985, pp. 193-214;
M. Tangheroni, [i]La città dell'argento. Iglesias dalle origini alla fine del Medioevo[/i], Napoli, Liguori, 1985;
A. Ingegno, [i]Iglesias. Un secolo di tutela del patrimonio architettonico[/i], Oristano, S'Alvure, 1987;
F. Fois, [i]Castelli della Sardegna medioevale[/i], a cura di B. Fois, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1992, pp. 63-70.
Carbonia è nel Sulcis, a poca distanza da Iglesias.
Il contesto ambientale
La vocazione industriale della città è strettamente collegata al carbone ed è anche all'origine della sua ascesa e della sua sfortuna: città autarchica per eccellenza, essa rivela le speranze e le contraddizioni del Ventennio. Nell'immediato dopoguerra la crisi mineraria mise in evidenza i gravissimi problemi sociali ed economici, che più recentemente hanno condotto la città ad assumere il ruolo di centro di servizi particolarmente importante per il Sulcis.
Descrizione
Carbonia, tipico insediamento a bocca di miniera, è forse la più importante e ambiziosa tra le città di fondazione del fascismo e fu inaugurata il 18 dicembre 1938, dopo meno di un anno di lavoro.
Il piano di fondazione, redatto da Ignazio Guidi e Cesare Valle, con la collaborazione di Gustavo Pulitzer Finali, prevedeva una popolazione di 20000 abitanti, aumentata poi di 35000 nel piano di ampliamento, dovuto ad Eugenio Montuori, essendo ormai i primi due progettisti attivi in Etiopia per il piano di Addis Abeba.
Il fulcro della città è la piazza articolata in un sistema di spazi che si raccolgono intorno al nucleo centrale, contenente i principali edifici pubblici come altrettanti monumenti della città medioevale: il municipio, su progetto di Enrico Del Debbio, la torre littoria e il dopolavoro di Pulitzer Finali, le poste dovute a Raffaello Fagnoni, la chiesa di Guidi e Valle. Essi via via digradano verso il verde della villa del direttore delle miniere, progettata da Eugenio Montuori e divenuta oggi la struttura pubblica che ospita il Museo archeologico.
Tra gli edifici pubblici, che oscillano tra semplificazioni classiciste e suggestioni medioevali, meritano un cenno particolare per motivi differenti la chiesa, l'albergo per gli impiegati e la scuola elementare, oggi liceo classico.
La chiesa principale è intitolata a San Ponziano, papa del primo cristianesimo condannato "ad metalla" nelle miniere del Sulcis e quindi assunto a protettore della città del carbone. L'edificio è piuttosto massiccio anche per l'uso della trachite, sia nell'alto campanile sul modello di quello di Aquileia, sia nella facciata interrotta soltanto da un rosone, che conteneva una vetrata dipinta da Filippo Figari, perduta durante la seconda guerra mondiale.
L'albergo, costruito su progetto di Eugenio Montuori, è situato su un lato, poco lontano dalla piazza centrale. È formato da due blocchi di differenti altezze e disposti a L e si distingue per la sequenza di ampi balconi protetti da tende avvolgibili, che si ripetono anche sul lato breve. L'aspetto più singolare sono i rivestimenti interni in marmo di Carrara, che rientrano perfettamente nella logica autarchica dell'uso di materiali di produzione italiana o locale, al pari della trachite, adoperata come basamento e per le strutture portanti di molti edifici della città del carbone.
L'ex scuola elementare, sempre di Montuori, è situata in via Brigata Sassari e si articola in uno spazio ampio su più corpi disposti a U con un altro braccio perpendicolare. Nonostante le alterazioni e gli adattamenti, è ancora possibile osservare la linea razionalista dell'edificio, soprattutto nel raccordo con il corpo più basso, un tempo refettorio e ora palestra, raccordato con un atrio oggi chiuso da vetrate.
I criteri di distribuzione delle residenze seguono le gerarchie sociali e del lavoro nell'industria mineraria e sono progressivamente sempre più lontane dal centro Sono villette o case bifamiliari riservate ai funzionari, che aumentano nel volume e nella quantità di appartamenti, destinati a impiegati, operai e minatori.
Le abitazioni hanno tipologie diverse e seguono modelli proposti dall'Azienda Carboni Italiani, ente di diritto pubblico, che gestiva Carbonia, ricorrendo all'uso abbondante della pietra locale ed un ricorso al ferro minimo, data l'economia autarchica del tempo. I solai infatti sono generalmente retti da voltine in laterizio.
Si passa dalle case su due piani con alloggi per quattro famiglie con ingressi indipendenti ed un orto familiare ai blocchi edilizi per gli impiegati, comprendenti da 24 a 48 appartamenti, con semplici aperture ritagliate nelle facciate e balconi a filo della parete.