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città romana di Sulci

città romana di Sulci

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Dalla SS 130 in prossimità di Iglesias, si procede in direzione di Sant'Antioco lungo la SP 126. Oltrepassati Carbonia e San Giovanni Suergiu, si prosegue fino a raggiungere l'isola di Sant'Antioco, collegata alla terraferma da un istmo.

Il contesto ambientale
La città romana di Sulci era situata, come la preesistente città punica, nel luogo dell'odierna Sant'Antioco, nella parte N/E dell'omonima isola sulcitana, a S/O della Sardegna.

Descrizione
La conquista romana della Sardegna, avvenuta nel 238 a.C., determinò un generale riassetto politico, economico e amministrativo dell'isola. Tale fenomeno non si manifestò però repentinamente, ma conobbe uno sviluppo progressivo, soprattutto nella prima fase, quella pertinente all'età repubblicana.
È nei centri abitati di fondazione fenicia, passati poi sotto il controllo punico e quindi romano, che si ha la più chiara riprova della gradualità del processo di romanizzazione della Sardegna. In molti casi infatti l'assetto urbano di questi centri non subì, in età repubblicana, sostanziali modifiche.
Quanto detto vale anche per Sulky. Un esempio particolarmente eclatante del fenomeno ci giunge dalla necropoli punica (VI-IV sec. a.C.), ubicata nella parte alta della città. La necropoli, costituita da numerose tombe a camera scavate nella roccia e precedute da un "dromos" a gradini, fu infatti ampiamente riutilizzata in età romana.
Ciò comunque non significa che a Sulci durante la fase repubblicana non sia stato realizzato alcun tipo di intervento edilizio. A riprova di questo fatto, nelle immediate vicinanze del fortino sabaudo, nell'area della cosiddetta acropoli, sono state rinvenute alcune strutture murarie del II sec. a.C. Queste evidenziano un basamento in blocchi su cui era impostato un colonnato del quale si conservano nove colonne. La struttura venne pavimentata due volte: una prima in "opus signinum" (pavimentazione in cocciopesto in cui venivano inserite con regolarità piccole tessere bianche); una seconda in cocciopesto più scuro, che ricoprì la precedente pavimentazione. Si tratta di un tempio pesudo-periptero "sine postico" (circondato da colonne in tutte le sue parti tranne che in quella posteriore) a cui si accedeva attraverso una rampa monumentale. Il tempio, nel suo impianto complessivo, richiama tipologicamente analoghe strutture medio-italiche di ascendenza ellenistica.
Un'altra struttura pertinente a questa fase è il monumento noto con il nome di "Sa Presonedda": un piccolo mausoleo a struttura piramidale, in grandi blocchi squadrati, databile al II sec. a.C.
Come accadde anche in altri centri sardi, la svolta nella storia urbanistica di Sulci si colloca nel passaggio dalla fase repubblicana alla fase imperiale, e in particolare il momento (con ogni probabilità da collocare intorno al 48 d.C.) in cui Sulci acquisì il rango di "municipium" e i suoi cittadini vennero iscritti nella tribù Quirina.
Lo scavo dell'area del Cronicario ha messo in luce due isolati di case realizzate nel I sec. d.C. e abbandonate circa un secolo dopo. Il foro della città doveva essere localizzato nel sito di Su Narboni e doveva essere dotato di un "capitolium" (al momento non ancora individuato) e di un "Augusteum", a cui sembra riferirsi il ritrovamento di diverse sculture raffiguranti personaggi della "gens" giulio-claudia. Nel 1984 furono identificati i resti dell'anfiteatro del II sec. d.C., ubicato alle pendici S/E del colle dov'erano l'acropoli e il tempio.

Area archeologica di Sulci

Storia degli scavi
Le prime menzioni sull'antichità e l'importanza del sito di Sant'Antioco risalgono al 1580, ad opera del canonico Giovanni Fara. Dopo di lui soprattutto Della Marmora e lo Spano si interessarono al sito. I primi interventi scientifici di scavo archeologico furono condotti da Antonio Taramelli, che nel periodo compreso tra il 1903 e il 1921 pubblicò con rigore e precisione il resoconto della propria attività d'indagine. Successive indagini furono condotte da Salvatore Puglisi, Paolo Mingazzini e Giovanni Lilliu. Nel 1956 ebbero inizio le ricerche sistematiche. Gennaro Pesce scoprì nella località significativamente nota come "Sa Guardia de is Pingiadas" il tofet ed estese l'indagine alla necropoli punica. Successivi interventi, a partire dal 1967, furono condotti da Ferruccio Barreca nell'area della necropoli punica. Alla fine degli anni '80 Piero Bartoloni, Paolo Bernardini e Carlo Tronchetti indagarono un'area dell'abitato del I sec. d.C. (Cronicario).

Bibliografia
P. Bartoloni, [i]Sulcis[/i], collana "Itinerari", 3, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1989;
C. Tronchetti, [i]S. Antioco[/i], collana "Sardegna archeologica. Guide e Itinerari", Sassari, Carlo Delfino, 1989;
P. Meloni, [i]La Sardegna romana[/i], Sassari, Chiarella, 1990;
S. Angiolillo, [i]L'arte della Sardegna romana[/i], Milano, Jaca Book, 1998;
A. Mastino,[i] Storia della Sardegna antica[/i], Nuoro, Il Maestrale, 2005.

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