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torre di Cala Domestica

torre di Cala Domestica

Buggerru, torre di Cala Domestica

La torre può essere raggiunta dalla strada che da Buggerru sale verso il villaggio "Planu Sartu" e poi prosegue sino a Cala Domestica. Oppure si segue il percorso che da Gonnesa conduce a Masua e Acquaresi. Da qui si costeggia sulla s. un fiume, sino alla spiaggia e si risalire a piedi il promontorio di Cala Domestica per circa 300 m.

Il contesto ambientale
La torre sorvegliava l'ingresso alla spiaggia in cui era un porticciolo d'imbarco dei minerali provenienti dalle varie miniere della zona. Dal fortilizio si possono vedere le torri di Porto Paglia, Forte di San Vittorio, l'isola Piana e capo Pecora, dove si trovava la "guardia morta" (vedetta mobile senza torre) in località Sa Guardia de Is Turcus.

Descrizione
Il nome del fortilizio deriva dall'omonima baia di Cala Domestica. Il significato di questo toponimo è forse riconducibile alla presenza di una fattoria medievale o "domestia".
Appare incerta la data di edificazione della torre, presente nella carta dell'architetto Rocco Cappellino, che la data al 1577. La torre però non appare nelle relazioni successive, fino al 1798, quando è citata nella relazione del viceré Vivalda, sul bilancio e spese della Reale Amministrazione della Torri. Secondo questa relazione la torre allo stato di progetto si sarebbe dovuta chiamare "torre di capo Pecora" o "punta San Nicola", ovvero torre di "San Nicolò", perché inizialmente si pensava di costruirla in quel promontorio. Solo quando fu costruita nel promontorio di Cala Domestica ebbe il suo nome definitivo. La costruzione ebbe avuto inizio nel 1765, ma ancora nel 1777 non era conclusa. Successivamente furono approntati i lavori per l'edificazione del baluardo secondo il progetto dell'ingegner Daristo; in realtà a causa dei lavori malamente eseguiti dall'impresario Caredda, la struttura era parzialmente crollata. Solo dopo altri interventi la torre fu ultimata fra il 1785 e 1786.
La struttura, in calcare, presenta forma cilindrica di circa 12 m di diametro e 11 m d'altezza dallo zoccolo al lastrico. Il boccaporto, realizzato con piedritti e architrave in pietra e arco di scarico a sesto ribassato, aperto a circa 6 m dal suolo, immette in un'unica camera voltata a cupola di circa 7 m di diametro, in cui le aperture delle sei troniere, cioè delle feritoie e della scala d'accesso sono disposte in maniera simmetrica. L'ambiente era ventilato grazie ad un foro di aerazione posto sulla chiave di volta della camera, oggi chiuso. Vi sono inoltre un caminetto e la botola della cisterna; quest'ultima è accessibile grazie ad un'apertura nella muratura di base. Nella piazza d'armi (la piattaforma esterna), rimaneggiata durante la seconda guerra mondiale quando il fortilizio divenne un punto d'osservazione, sono visibili le tracce delle cannoniere e di quattro garitte disposte anche queste in giacitura simmetrica. Sempre all'esterno, all'altezza del piano di copertura, sono presenti alcune mensole, costruite in tufo, che sostenevano l'impalcatura di difesa.
Dal 1820 al 1831 sono ricordati interventi di restauro. Nel 1843 la torre era ancora presidiata. Nella seconda guerra mondiale fu un punto d'osservazione. La scala in ferro al suo interno, ancora in situ, risale a quell'epoca.

Storia degli studi
La torre è compresa nelle principali opere sulle fortificazioni costiere in Sardegna.

Bibliografia
F. Fois, [i]Torri spagnole e forti piemontesi in Sardegna[/i], Cagliari, La Voce Sarda, 1981;
G. Montaldo, [i]Le torri costiere in Sardegna[/i], Sassari, Carlo Delfino, Sassari 1992;
F. Russo, [i]La difesa costiera del Regno di Sardegna dal XVI al XIX secolo[/i], Roma, Stato maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, 1992;
M. Rassu, Guida alle torri e forti costieri, Cagliari, Artigianarte, Cagliari 2000.

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