Città romana
Città romana
L'area archeologica della città si estende presso l'attuale centro storico lungo il corso Umberto e le sue adiacenze.
Il contesto ambientale
La città è alla base di una profonda rias sulla costa N/E della Sardegna e si estende in un tratto di pianura sulla riva dell'omonimo golfo. La città è dotata di uno dei porti commerciali e turistici più importanti dell'isola e di un aeroporto, il "Costa Smeralda", considerato uno dei più importanti in Italia.
Descrizione
La città si sviluppò in un tratto della costa favorevole dal punto di vista geografico e ambientale sia per la sua funzione di naturale sbocco costiero per le aree interne, sia per l'importanza dello scalo portuale nelle rotte marittime commerciali e militari del Tirreno centrale.
Di recente grazie a nuovi scavi e nuovi studi è stato possibile delineare le tappe dell'evoluzione urbana. Dalla seconda metà dell'VIII alla prima metà del VII secolo a.C. è attestata l'esistenza di un fondaco o di un impianto coloniale fenicio (materiali fenici con qualche rara imitazione di materiali euboici); ma a partire dalla metà del VII fino alla metà-fine del VI secolo a.C. è stato rinvenuto solo materiale di provenienza greca (prodotti corinzi e, dalla fine del VII secolo, anche materiali ionici). Questi dati proverebbero l'esistenza di una "colonia" greca che si sostituì al precedente insediamento fenicio e che visse per almeno un secolo e mezzo.
Dalla seconda metà del VI secolo a.C. la situazione sembrerebbe cambiare. Infatti la battaglia del mare sardonio nel 540 a.C., che vide fronteggiarsi Cartaginesi ed Etruschi da una parte e Greci dall'altra, quasi sicuramente interessò anche Olbia. La vittoria assicurò ad Etruschi e Cartaginesi il dominio del Tirreno centrale, privando la città delle sue naturali correnti di traffico e creando una situazione che portò alla conquista cartaginese del centro in funzione di controllo dell'area tirrenica centrale. In seguito, verso la metà del IV secolo a.C., i Cartaginesi organizzarono un centro urbano difeso da un circuito murario trapezoidale con torri quadrate e delimitato a O dalla necropoli che si estendeva oltre il perimetro O delle mura, al di là dell'attuale via Brigata Sassari.
A causa del ruolo strategico la città fu coinvolta negli avvenimenti della prima guerra punica. Nel 259 a.C. il console romano Lucio Cornelio Scipione tentò, senza successo, di sottrarla al dominio cartaginese. Ma, in seguito, nel 238-237 a.C., la Sardegna intera, e quindi anche Olbia, passò sotto il dominio romano. La città rimase a lungo, sino alla fondazione di Turris Libisonis, il principale centro del nord Sardegna. La città romana occupò il precedente abitato punico all'interno dello stesso circuito difensivo, utilizzando le strutture e le infrastrutture ancora efficienti, quali l'impianto urbanistico a pianta ortogonale il cui reticolo viario sembrerebbe orientato con assi NNO-SSE e ONO-ESE (le principali strade corrispondevano forse alle attuali corso Umberto e via Regina Elena-via Porto Romano); il porto sito presso quello attuale e il santuario dedicato al dio protettore di Olbia, Ercole (Melqart-Herakles-Hercules), identificato sul rilievo di San Paolo, al centro dell'abitato, presso l'odierna chiesa di Santa Croce.
Un'area cultuale costituita da una cella sotterranea (favissa), databile al III-II secolo a.C., è stata scoperta in una zona suburbana, presso l'attuale chiesa di San Simplicio. Essa conteneva terrecotte figurate da rapportarsi al culto di Demetra, dea dell'agricoltura. La persistenza di questo culto in epoca romano-imperiale è confermata dalla scoperta dell'epistilio di un tempietto dedicato a Cerere (dea romana assimilata a Demetra) da Atte, liberta e concubina di Nerone. Si suppone che il foro potesse trovarsi nella zona dell'attuale edificio scolastico di corso Umberto, presso l'area portuale.
Durante i secoli II e I a.C. la città importava merci soprattutto dall'Italia centrale e meridionale, dalla Spagna, dalla Sicilia e dal Nord-Africa ed esportava soprattutto frumento, come ci testimonia la presenza ad Olbia, tra il 57 e il 56 a.C., di Quinto, fratello di Cicerone, incaricato di occuparsi dell'approvvigionamento granario. Durante l'età imperiale la città, ormai profondamente romanizzata, continuò ad essere uno dei principali scali commerciali mediterranei. Tra la fine del I secolo a.C. e l'inizio del I secolo d.C. fu costruita la probabile struttura templare rinvenuta in Piazza Santa Croce, non lontano dal santuario di Ercole. La scoperta nelle vicinanze di due ritratti imperiali (Nerone e Traiano) potrebbe suggerire l'esistenza di un luogo di culto imperiale (Augusteum) ed è probabile che la città fosse divenuta municipio proprio nel corso del I secolo d.C. Soprattutto a partire dall'età neroniana (54-68 d.C.) essa, ebbe un'importante fase di sviluppo urbano legato forse anche alla presenza di Atte e agli interessi economici derivanti dalla gestione dei latifondi donatigli da Nerone e dalla produzione di laterizi nelle officine di sua proprietà. Fu ampliata l'area abitata (zona dell'attuale Villa Tamponi, Su Cuguttu) e si intensificò l'attività edilizia pubblica e privata con l'impianto di strade lastricate, la costruzione di monumenti e abitazioni signorili. Nel corso del II secolo d.C. la città fu dotata di un impianto termale, ubicato tra le attuali corso Umberto e via delle Terme e di un acquedotto. Furono inoltre potenziate le strutture portuali con l'edificazione di magazzini. I fondali marini antistanti le coste olbiesi conservano numerosissimi giacimenti archeologici a ulteriore testimonianza dell'importanza commerciale del porto.
Tra la fine del III e l'inizio del IV secolo d.C. la città attraversò forse un periodo di crisi economica. Si ridussero le nuove costruzioni e l'abitato antico si contrasse con l'abbandono di intere zone, riutilizzate come aree di sepoltura (Su Cuguttu) e con l'obliterazione di importanti tratti stradali (San Paolo). Nel V secolo d.C. Olbia fu sottoposta forse ad un'incursione vandalica, come sembrerebbe dimostrare la distruzione di una flotta navale imperiale, i cui relitti, rinvenuti di recente, sono ascrivibili a questo periodo. Nonostante la contrazione dell'abitato durante la fase tardo antica, sono attestati episodi di ristrutturazione di edifici pubblici tra IV e il V secolo: il restauro di una torre del settore N delle mura e la riedificazione di una struttura in rovina menzionata in un'iscrizione e non identificata. La necropoli romana occupava un'area a N della città antica in quella zona che oggi si estende da via Roma fino a via Fausto Noce. Un'altra necropoli più tarda, ascrivibile ai secoli IV-VI d.C., è stata scoperta in quella che era l'area urbana antica, in località Su Cuguttu, ubicata tra via Acquedotto Romano e via E. Nenni.
Storia degli scavi
Le prime indagini volte alla ricerca delle origini della città si svolsero al principio del XVII secolo e interessarono le aree cimiteriali presso la chiesa di San Simplicio. Nella prima metà dell'Ottocento furono avviate ricerche archeologiche finalizzate all'acquisizione di testimonianze materiali che confluirono sia presso istituti museali sia in collezioni private italiane ed estere. La cronaca di tale attività, che portò a numerosissime scoperte, fu data dal canonico Giovanni Spano dal 1855 al 1876. A partire dal 1880 e fino al 1884 Pietro Tamponi compilò una serie di importanti note sulle scoperte archeologiche effettuate a Olbia e nel suo territorio. Anche i Soprintendenti Antonio Taramelli nei primi decenni del Novecento e Doro Levi negli anni trenta si occuparono a più riprese di scavi archeologici. Negli anni cinquanta molto importante fu l'attività di Dionigi Panedda che confluì nei due volumi su Olbia della "Forma italiane". Dal 1958 al 1977 la città è stata oggetto di interventi sporadici di scavo e di recupero, come quelli del primo Soprintendente alle antichità per le Province di Sassari e Nuoro Guglielmo Maetzke tra la fine degli anni Cinquanta e il 1966 e quelli di Enrico Acquaro negli anni Settanta. Negli anni successivi fino al 1990 la tutela della Soprintendenza archeologica è divenuta sistematica e continua. Dal 1990 viene svolta ad Olbia un'attività di ricerca e di conoscenza approfondita del territorio, che comprende anche il controllo ed il recupero del patrimonio archeologico proveniente da scavi sporadici sia terrestri che subacquei. Purtroppo la distruzione delle strutture della città antica è andata di pari passo con lo sviluppo della città moderna. La maggior parte degli scavi nella sola area urbana hanno infatti avuto, ed hanno tutt'oggi, le caratteristiche dell'emergenza (in numero di cinquanta dal 1980 al 1994, sotto la direzione dapprima di Antonio Sanciu e poi di Rubens D'Oriano). Nel 1992 uno scavo d'urgenza ha messo in luce un'importante area funeraria in località Su Cuguttu. Nel luglio del 1999, durante i lavori per la costruzione di un tunnel sotto il livello del mare, sono stati ritrovati i resti di quelli che lo scavo archeologico, dislocato lungo la fascia litoranea e durato tre anni, condotto da Rubens D'Oriano, ha indentificato come i relitti di navi antiche con i loro carichi.
Bibliografia
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