città fenicio-punica di Neapolis
città fenicio-punica di Neapolis
Si percorre la SS 130 fino al bivio per Villasor e si imbocca la SS 196 che conduce a Guspini. Arrivati alla cittadina, si prende la SS 126 fino al km 94, dove si devia a s. per Sant'Antonio di Santadi. Dal bivio, si percorrono circa 15 km e si devia a d. in una strada di penetrazione agraria. Dopo circa 200 m ci si trova nell'area archeologica.
Il contesto ambientale
Il sito sorge su un complesso di dossi in prossimità del sistema lagunare formato dagli stagni di Marceddì, San Giovanni e Santa Maria, nella parte S del golfo di Oristano. Le rovine della città di Neapolis si trovano nell'area dove sorge la chiesa di Santa Maria di Nabui, il cui toponimo ricalca il nome della città antica.
Descrizione
L'area fu occupata fin dal Neolitico recente, ma le attestazioni più rilevanti, del Bronzo tardo e finale, sono costituite dalle fondazioni di un nuraghe complesso, posto subito ad E dello stagno di Santa Maria di Neapolis.
Il centro portuale indigeno, sorto sulla riva S/E del sistema lagunare, vide la frequentazione delle genti orientali già in una fase precoloniale, anche se la componente etnica riscontrabile nel sito di Neapolis non è propriamente fenicia, bensì filistea. L'ipotesi della presenza di un nucleo di filistei residenti nell'area si fonda su un frammento di sarcofago antropomorfo rinvenuto in quella che probabilmente era la necropoli N/O della città.
L'insediamento di elementi vicino-orientali entro la comunità indigena, fino a qualche tempo fa, sembrava non implicare la costituzione di una città ad opera dei Fenici, ma le ricerche in corso parrebbero testimoniare la fondazione di uno stanziamento coloniale fenicio a Santa Maria di Nabui, sin dall'VIII secolo a.C.
La città punica di Neapolis vide la sua fondazione nell'ambito del grande processo di colonizzazione avviato da Cartagine negli ultimi anni del VI secolo a.C. Inoltre, il porto della città costituiva un buon punto di imbarco delle risorse cerealicole del Campidano e di quelle minerarie di Montevecchio.
Purtroppo il preciso assetto di Neapolis punica non è al momento individuabile a causa della sovrapposizione delle strutture di età romana. È però ancora visibile il tracciato della cinta muraria del IV secolo a.C., costruita con grandi blocchi poligonali e subsquadrati in arenaria.
L'area della necropoli punica non è stata ancora localizzata con certezza, ma in una zona a ridosso del tratto N/O della cinta muraria sono stati individuati i resti di diverse tombe a fossa distrutte durante lavori agricoli.
Il rinvenimento di un ricco deposito votivo, posto al di fuori del perimetro urbano in prossimità delle mura, testimonia la presenza di un importante santuario dedicato ad una divinità salutifera.
Storia degli studi
Una breve campagna di scavo fu condotta nel 1858 da Giovanni Spano. Nel 1951 un sopralluogo di Giovanni Lilliu permise il riconoscimento di alcune strutture segnalate sin dal Seicento e l'individuazione di altre fino allora sconosciute. Nello stesso anno fu condotta ad opera dello stesso Lilliu la prima campagna di scavi della Soprintendenza alle Antichità della Sardegna. Nel 1967 la missione congiunta della Soprintendenza e dell'Istituto di Studi sul Vicino Oriente dell'Università di Roma individuò nel sito strutture di epoca punica. Dal 1971 le ricerche sono state condotte da Raimondo Zucca.
Bibliografia
R. Zucca, [i]Neapolis e il suo territorio[/i], Oristano, 1987;
S. Moscati-R. Zucca, [i]Le figurine fittili di Neapolis. Memorie dell'Accademia Nazionale dei Lincei[/i], Roma, 1989;
R. Zucca, "La città punica di Neapolis", in [i]Phoinikes B Shrdn, i Fenici in Sardegna. Nuove acquisizioni[/i], catalogo della mostra, Cagliari 1997, pp. 131-136;
P. Bartoloni, "Un sarcofago antropoide filisteo da Neapolis (Oristano-Sardegna)", in [i]Rivista di Studi Fenici[/i], 26, 1998, pp. 139-142;
R. Zucca, "Neapolis, l'emporio e la città", in [i]Emporikòs Kolpós. Il golfo degli empori dai Fenici agli Arabi[/i], Oristano, 2005, pp. 25-27;
R. Zucca, [i]Splendidissima Civitas Neapolitanorum[/i], Roma, 2005.
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