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Chiesa di San Francesco di Stampace

Chiesa di San Francesco di Stampace

Sulla sinistra il campanile della chiesa di San Francesco di Stampace

Nel centro urbano di Cagliari si lascia piazza Yenne per immettersi nel corso Vittorio Emanuele II. A poche decine di metri, nel lato sinistro della strada, si trovano diversi locali al cui interno è possibile trovare resti della chiesa e del chiostro, visibili anche dal cortile interno, adibito a parcheggio privato, cui si accede da via Mameli.

Il contesto ambientale
Ormai inglobata dalle abitazioni private nello storico quartiere di Stampace, l'area dell'antico convento di San Francesco è attualmente compresa fra il corso Vittorio Emanuele II e via Mameli. Il chiostro è l'unica struttura parzialmente superstite del complesso monumentale, distrutto alla fine del XIX secolo. L'area corrisponde a un settore terrazzato della città antica, che si sviluppava verso O soprattutto con strutture di età romana: il foro, nella zona dell'attuale piazza del Carmine, gli impianti termali, in quella di viale Trieste, la necropoli, verso Sant'Avendrace, un quartiere residenziale (la cosiddetta "villa di Tigellio") e l'anfiteatro romano sulle pendici di Castello.

Descrizione
Due documenti d'archivio attestano la vendita di quattro terreni ai minori conventuali nel 1275, con la delimitazione dei confini entro cui poteva impiantarsi la loro nuova fondazione nell'antico quartiere cagliaritano di Stampace. Il complesso, comprendente la chiesa, il chiostro e il monastero, fu ampliato a partire dal XV secolo.
Il convento di San Francesco di Stampace rivestì una fondamentale importante non solo per la vita religiosa della città, ma anche per la sua società borghese e mercantile, la quale contribuì all'abbellimento della chiesa con sculture e retabli, oggi in gran parte nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari. Purtroppo il primo novembre 1871 il campanile della chiesa fu colpito da un fulmine, che portò al successivo crollo della travatura del tetto l'11 gennaio 1875, segnando l'inizio del processo di degrado e la fine del complesso monumentale, demolito per far luogo a edifici di abitazione.
La chiesa aveva pianta a croce "commissa", con unica larga navata coperta in legno, terminante con transetto sul quale si affacciano tre cappelle, quadrate e voltate a crociera costolonata. La planimetria si ritiene derivata dai modelli cistercensi. A prescindere da murature ed elementi scultorei inglobati nei palazzi moderni, della chiesa restano soltanto vecchie fotografie e il portale rimontato nella facciata del Santuario di Bonaria.
L'accesso al chiostro si praticava attraverso il presbiterio della chiesa. Nel lato prospiciente la via Mameli ne è visibile l'ala S, anche se sopravvissuta per pochi metri, rispetto ai 35 complessivi. Dall'interno di alcuni locali commerciali lungo il corso Vittorio Emanuele II se ne vedono alcune cappelle voltate a crociera e costolonate, con gemma pendula.

Vedi la pianta e le sezioni del monumento

Storia degli studi
I due più antichi documenti archivistici sulla fondazione del convento furono segnalati già da Giovanni Spano (1861) e studiati da Costantino Devilla (1953). Preziosa la descrizione del canonico Spano, che risale ad anni precedenti la rovina del complesso, che comprendeva: "il più bel chiostro dei conventi della Sardegna formato in quadrato con architettura gotica, e con archi che nei capitelli e nel mezzo della volta sono ornati di Santi, e di figure mostruose scolpite". Importanti la restituzione di Dionigi Scano (1938), che consente di avere un'attendibile visione grafica del monumento, e l'analisi storico artistica di Raffaello Delogu (1953). Nell'opera di Francesca Segni Pulvirenti e Aldo Sari (1994) è riportata una ricostruzione tridimensionale della chiesa.

Bibliografia
G. Spano, [i]Guida della città e dintorni di Cagliari[/i], Cagliari, Timon, 1861, pp. 169-187;
D. Scano, [i]Storia dell'Arte in Sardegna dall'XI al XIV secolo[/i], Cagliari-Sassari, Montorsi, 1907, pp. 400-408;
D. Scano, "Avanzi e ricordi in Cagliari di un insigne monumento francescano", in [i]Palladio[/i], II, 1938, pp. 121-127;
C. Devilla, I[i] frati minori conventuali in Sardegna[/i], Sassari, 1958;
R. Delogu, [i]L'architettura del Medioevo in Sardegna[/i], Roma, La Libreria dello Stato, 1953, pp. 212-214;
M.G, Cossu, "La carta pisana del 1° marzo 1230, primo documento della presenza francescana in Sardegna, e la chiesa di Santa Maria de Portu Gruttis", in [i]Biblioteca Francescana Sarda[/i], I, 1, 1987, pp. 41-49;
G. Stefani, "La chiesa nell'Ottocento: cronaca di un crollo annunciato", in [i]Quaderno. S. Francesco di Stampace[/i], IV, 1991;
R. Coroneo, [i]Architettura romanica dalla metà del Mille al primo '300[/i], collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 1993, sch. 148;
F. Segni Pulvirenti-A. Sari, [i]Architettura tardogotica e d'influsso rinascimentale[/i], collana "Storia dell'Arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 1994, sch. 4;
Michele Pintus, "Architetture", in [i]Cagliari. Quartieri storici. Stampace[/i], Cinisello Balsamo, 1995, pp. 94-95.

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